sabato 29 marzo 2014

Strafalcioni informatici

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Vignetta tratta da: Il Favoloso Mondo degli Utonti

Come molti di voi sapranno, ho lavorato parecchi anni (troppi) nel campo dell'informatica e nel corso della mia vita lavorativa ho avuto modo di sentirne di tutti i colori. Quelle che un tempo ingenuamente credevo fossero solo ed esclusivamente delle leggende metropolitane, vedi l'intramontabile "porta tazza", si sono rivelate verità. 
Purtroppo non ho avuto l'accortezza e la costanza di scrivermi tutte queste perle, ma qualcuna me la sono segnata per non dimenticare il livello di ignoranza al quale l'Homo Sapiens (più homo che Sapiens) può arrivare.

Non ho mai pensato di farne un post fino ad oggi, quindi eccolo qua! Peccato che sia solo l'1% di ciò che ho sentito e che mi ha fatto sanguinare le orecchie. Avrei dovuto farci delle vignette anche io. 

Mangia libri di cibernetica, insalate di matematica e a giocar su Marte va

'Gentile operatrice, come posso riprodurre DVD?
NERO mi da 'tempo di prova scaduto' e CYBERLINK POWER DVD mi richiede un codice CD che non conosco o non so dove sia.
Mi perdoni, ma la mia conoscenza cibernetica è veramente mediocre.'

Chiamalo un po' come vuoi

Nel 2003:
Cliente: ‘Volevo togliere il lettore cd… sa anche lei che ormai è obsoleto…’
Io: ‘Ma… veramente ce l’hanno un po’ tutti!’
Cliente: ‘Ma io volevo montare un masterizzatore e un lettore dvd.’
Io: ‘Ah, allora in questo caso… ma vuole un combo? Un lettore che fa sia da dvd che da masterizzatore o due pezzi separati?’
Cliente: ‘Cosa vuol dire? Vanno sempre nel  modem?’
Io: ‘???’ ‘Modem? Forse vuole dire case?’
Cliente: ‘Si va beh, io lo chiamo modem!’

I pollici, questi sconosciuti

Cliente: ‘Salve, io tengo la contabilità per un vostro cliente, ho una fattura che dovrei registrare ma non capisco cosa è stato acquistato, posso leggerle le voci?’
Io: ‘Dica!’
Cliente: ‘Philips 170B2Y 19 poi ci sono due cosini, sembrano delle lineette…cos’è un masterizzatore?’
Io: ‘Quei cosini sarebbero pollici...’

Packaging fantasioso

Cliente: ‘Ho un problema con il processore che ho preso ieri.'
Collega: ‘Se viene in assistenza ci guardiamo noi, mi raccomando porti il documento di acquisto.’
Cliente: ‘No, visto che lo scontrino è attaccato con la puntina al foglio di garanzia, ho paura che nel portarvelo si stacchi, quindi ho fatto una scansione e vi porto quella.’

Ed ecco come ha portato il processore: avvolto nella carta igienica, in un bicchiere di vetro, dentro un sacchetto da frigo.



Anatomia

Cliente: ‘Salve, io ho ordinato un apparato.’

Urgenze

Cliente: ‘Salve, io ho un PC da portarvi in assistenza, ma visto che per me è davvero molto urgente, è uguale se ve lo porto oggi o la prossima settimana?’

Cavo vintage anni '80

Cliente: 'Vorrei un cavo bidimensionale.’

Schede di rete brandizzate

Cliente: ‘Salve, vorrei una scheda di rete Fastweb.’

Calvin Klein

Cliente: 'Vorrei una scheda di rete eternity.'

L'enigma della Sfinge

Cliente: ‘Vorrei un modem con il collo corto.
(Voleva un monitor short neck)

Autodistruzione

Cliente: 'Salve, io ho comprato un PC da voi due mesi fa e solo ora mi sono accorta che davanti c’è una lucetta rossa che lampeggia ogni tanto, è normale?’

Bisogni... in ufficio

Cliente: ‘Salve, vorrei cambiare il Gabinet del mio pc.’

Corrente... di pensiero

Cliente: 'Salve, vorrei acquistare una scheda video ma volevo qualche informazione tecnica: pensavo ad una 64 ampere, è meglio di 32? Sa io ci tengo molto alle ampere.’

L'ottimista

Cliente: 'Salve, mi fa un preventivo per un computer? Vorrei poterci usare Maya!'
Io: 'Certo, e mi dica... ha un'idea del budget di spesa che non vuole superare?'
Cliente: 'Beh si, cinquecento o seicento Euro!'

DVD UHT

Cliente: 'Vorrei dei dvd a lunga conservazione. Mi hanno detto che sono fatti di materiale organico e quindi si decompongono'.

Giochi a quiz e matematica

Io: 'Ma la sua postazione fa da server o da client?'
Cliente: 'Eh io questi termini non li conosco, diciamo che io sono una derivata e la segretaria il cervellone.'

Le dimensioni contano

- Mi scusi, ma io non riesco a lavorare!
- Come mai?
Ho la freccia troppo grossa.


Andiamo malino anche in geometria, eh?

- Buongiorno, mi hanno portato il PC ieri e volevo chiederle una cosa.
- Dica.
Volevo sapere come si accende.
- O_O Beh, sul computer c'è un tasto abbastanza grande, dovrebbe individuarlo facilmente.
- Dice sul monitor?
- No, dico sul computer, non sul monitor.
- Ah, dove c’è la tastiera?
- No, dico proprio il pc, non sul monitor, né sulla tastiera o sul mouse.
- Ah, lei dice quel grosso cilindro che hanno messo per terra?
- Sì, quello ^^'.
- Eccolo qua… Ah sì è vero! Si è acceso! Bene quindi da lì si accende e si spegne! Ho capito!
- NO! Da lì si accende, ma non si spegne! Per spegnerlo si fa da start, chiudi sessione, arresta il sistema, non dal tasto!
- Ah ok, quindi la procedura è cambiata con il PC nuovo.

Non siamo soli nell'universo

Ha chiamato una cliente per dirmi che è "stata investita da un fascio di luce", emesso dal monitor del suo PC, che le ha causato un tremendo malore. A causa di questo si è recata in ospedale.

Homo neanderthalensis 

Cliente:Ho appena comprato un monitor da voi e ho una domanda. Ci sono due cavi che escono da dietro. Uno, quello con tutti quei cosini che se non sbaglio si chiamano pin, va al pc, vero?”
Io, stupitissima per la faccenda dei pin: "Esatto, bravissimo!"
Cliente: "Ecco, l'altro cavo invece, quello che ha la presa tonda con i due grossi pin di metallo, dove lo metto?"

 












Bisogni fuori dal vaso 

- Una vecchina adorabile entra in negozio e puntandosi un dito ad un orecchio mi chiede: 
‘Scusate, ce l’avete mica l’apparecchietto per i sordi?’

- Una signora entra e chiede se abbiamo pezzi di ricambio per il suo aspirapolvere che si è rotto. 
A stento tratteniamo le risate e le diciamo che il negozio di fianco, che faceva proprio queste riparazioni è chiuso perché il proprietario è andato in pensione. Di tutta risposta la signora s'incazza a morte e maledice noi perché non ripariamo aspirapolveri.

- Un collega è in giro per il negozio quando un cliente gli si avvicina e gli chiede: 
‘Scusa, posso darti 18 Euro?’

- Cliente: ‘Salve, sono di una ditta pugliese che produce mozzarelle di bufala, mi chiedevo, visto che il nostro camion è da quelle parti la prossima settimana, se eravate interessati all’acquisto delle mozzarelle, abbiamo anche molti latticini di buona qualità.’

- Cliente: 'Salve, vendo prodotti per la cura del corpo, lei con cosa si lava i capelli?’

Al telefono:

Cliente: "Salve, sono di Richard Ginori, siamo interessati ai vostri locali visto che sono in vendita."
Io: "In vendita? Guardi che si sbaglia"
Cliente: "Ho visto il cartello fuori dal negozio!"
Io: "Non c'è nessun cartello, le dico che si sbaglia"
Cliente: "Se lo dice lei..." Click.

- Cliente: "Salve, visto che non si capisce niente, con chi posso parlare per farvi cambiare la carta intestata?"


 Parole travisate

- Vorrei un pc portaBile.

- Vorrei un antivUrus.

- Mi dovreste configurare l’outBook express.

- Ce l'avete il soft? Devo fare un albero genealogico!

- Mi sa che mi si è rotto il routLer.

- Ho un problema nella circuiteria dello zoccolo dell'hub.

- La mia mail è nome underworld cognome chiocciola Libero punto it.

- Ora scollego la periferia.

La mia sabsteksnak è la 255.255.255.0 e il galouei è 192.168.1.253

- Ok, adesso apro il PDF, Pediatra Di Famiglia. Ecco, lo vedo bene...

- Talvolta, a mia insaputa ed apparentemente senza alcuna mia azione, compare un quadrato ingranditore solidale con il mouse, molto spesso fastidioso all'utilizzo.

- Salve, io devo riprogrammare il mio programma perché non ho la timbra.
(Intendeva la firma digitale)


Chicche sparse

- Una signora torna in negozio dopo aver comprato una cartuccia per la stampante bianco/nero per il marito: 
'Mi scusi, ma lei mi ha dato solo il nero. Mi servirebbe anche il bianco!'

- 'Vorrei un mouse esterno!'


Perle riferitemi dai colleghi

Cliente: "Il computer funziona benissimo, l’unico problema e che quando gli do il comando spegni, il monitor diventa bianco e nero."

Cliente: "Se devo cambiare monitor, mi tocca formattare tutto il PC o devo solo reinstallare il sistema operativo?"

Cliente: "Ho preso quel virus da boot che ti fotte la FAT"

Collega: “Non raggiungo il router, c’è un problema di connessione”
Cliente: “Come sarebbe non lo raggiunge? E’di là!

Collega: “Che tipo di PC ha?”
Cliente: “Quello tipo telefono.”

“Ho avuto un problema col codice a balle tempo fa e ho avuto dei problemi alla linea, ma col suo collega che ha usato il meccanismo del ping pong, abbiamo  risolto.”

Poi uno non si deve incazzare.

venerdì 28 marzo 2014

L'89

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Di molti, moltissimi anni fa...

L’89 

L’autobus numero 89 passa proprio sotto casa mia, è una linea azzurra che fa una fermata sì e una no e l’ora in cui salgo io è più o meno qualche minuto passate le nove del mattino.
Mi porta davanti al posto di lavoro senza farmi fare neanche due passi a piedi.
E’ un autobus quasi sempre vuoto, carico delle solite facce, quelle che a forza di prenderlo tutti i giorni s'imparano a conoscere, quelle che viste in un altro contesto non riconosceresti mai.
I sedili sono morbidi e posizionati due a due e in fila indiana. Da sotto i sedili, vicino ai piedi, esce un’arietta calda piacevole nelle giornate di freddo, mentre tutto fuori è appannato da una condensa ghiacciata e la gente imbacuccata in strati di lana, respira aliti bianchi.

Faceva un freddo intenso quella mattina nella quale mi sedetti di fianco a una signora anziana dagli occhi buoni e attenti.
Mi piace osservare le persone in autobus, si scoprono tante cose. Persone che l’ignoranza e la fantasia trasformano in borseggiatori, solo perché stranieri o mal vestiti, che timbrano il biglietto e persone chiaramente italiane ed eleganti, che magari prendono la multa perché sprovviste del titolo di viaggio. E sì che dovremmo ben saperlo che l'abito non fa il monaco.
Sai che viaggio poi, casa lavoro - lavoro casa.

La signora che mi era seduta di fianco portava un impermeabile azzurro scuro, leggero nonostante il freddo. I capelli bianchissimi e impalpabili come seta, non troppo lunghi raccolti in un concio. Gli occhi grigi semi-nascosti da un paio di occhiali abbastanza grandi per il suo viso minuto. La gonna lasciava intravedere gambe sottili, un tempo sicuramente sensuali e un enorme sacchetto di una boutique stazionava sulle ginocchia, sopra il quale c'era scritto a penna ‘Giulietta’. Un sacchetto che ha tutte le mattine.

Non so se quella signora si chiami davvero così, ma ormai nella mia mente Giulietta è il suo vero nome; per altro è davvero grazioso e adatto al visino spigoloso di quella signora all'apparenza così dolce.
Abbiamo scambiato qualche parola grazie al fatto che l’autobus non accennava ad andare avanti, poiché bloccato dal traffico intenso a causa di un incidente per nulla spettacolare, ma molto seccante a quell’ora del mattino. Tutti si lamentavano del ritardo che avrebbero dovuto giustificare una volta arrivati al lavoro, mentre io e la signora non avevamo nessuna fretta.

"Ho rinunciato alla patente poco tempo fa; non che non sia più capace, ma non vedo che fretta c’è alla mia età. Posso arrivare dove voglio con l’autobus, senza incidenti e senza lo stress di guidare. Mi siedo, guardo fuori dal finestrino e aspetto che salgano le mie amiche."

La signora Giulietta è una sarta e ama cucire ancora nonostante sia in pensione, poco fuori il centro città, insieme ad altre due amiche con la stessa passione.
Non so molto di lei. A dire il vero non so proprio nulla e a pensarci bene non so nemmeno se Giulietta è il suo nome sul serio.

L’89 continuo a prenderlo ogni mattina e la signora Giulietta è sempre seduta lì. Guarda fuori dal finestrino e aspetta le amiche accogliendole con un sorriso luminoso quando salgono. 

Non mi ha più salutata e non so se si ricorda di me, in fondo sono solo una ragazza per lei troppo giovane, con cui ha scambiato quattro chiacchiere una mattina tempo fa.
Forse quando mi vede si ricorda, forse no. 

Forse non sa che invece io la saluto in silenzio tutte le mattine. Forse non sa che la mia mamma ora avrebbe la sua età e che anche lei faceva la sarta. Che era minuta, con i capelli soffici come seta, gli stessi occhi grigi buoni e attenti e un sorriso luminoso.

Forse non sa che quella ragazza con cui ha scambiato quattro parole solo una volta, in una fredda mattina d'inverno, le vuole inspiegabilmente bene.

lunedì 24 marzo 2014

127.0.0.Corte d'Aibo

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Sono appena tornata da un fine settimana rilassante, trascorso presso un agriturismo non troppo distante da Bologna (parliamo di soli 20 km), dove ho passato due giorni immersa nella natura.
Parlo dell’Agriturismo Corte d’Aibo.


Si trova nel cuore del Parco Regionale dell’Abbazia di Monteveglio, dove si possono trovare vigneti, colli, calanchi, boschi, laghetti, frutteti e campi coltivati.
L’agriturismo è composto da un nucleo centrale risalente al XVI secolo, nato come torre fortificata e poi trasformato in un piccolo convento. Narrano antiche scritture del Cinquecento che i canonici del monastero di Monteveglio acquistarono appezzamenti nella località “alle vigne di Daibo”. Quelle stesse terre furono poi acquistate alla fine degli anni ’80 da un gruppo di giovani viticoltori che recuperarono i vigneti già esistenti e ne realizzarono di nuovi, attuando una profonda valorizzazione di questa splendida zona.

L’agriturismo offre ospitalità in 12 stanze ottimamente arredate e fornite di ogni comfort. Il ristorante invece propone piatti tipici della zona accompagnati dai vini biologici prodotti dalla stessa azienda.

La struttura dell’agriturismo è quella di un piccolo borghetto molto antico, formato da 4 o 5 caseggiati.

Arrivando dalla strada principale, il primo che si incontra è il ristorante, ricavato dall’antico fienile. Rustico, in legno e pietra, accogliente e pulito. Attorno ad esso circolano liberamente galline (con tanto di gallo), un sacco di gatti e Miele, la dolcissima e cicciona cagnolina. Fra il parcheggio e il ristorante troviamo un albero di Fico particolarissimo. Interrato per metà il tronco a causa dell’innalzamento della collina, è cresciuto allargando e contorcendo le sue braccia al cielo, rendendo il suo aspetto davvero bizzarro. Il caseggiato a fianco è l’ex porcilaia (si vedono ancora le mangiatoie, che nella ristrutturazione non sono state toccate di proposito) e ricovero per gli animali, divenuto il corpo che ospita le 12 stanze, tutte con bagno privato e alcune delle quali con l’idromassaggio. Il Wi Fi non funziona perfettamente, purtroppo, a causa dei muri antichi troppo spessi. Muri che però rendono le stanze molto silenziose. Il piano superiore è piuttosto caldo, perché le stanze sono a ridosso dell’invisibile, ma presente, locale caldaie. Se siete freddolosi è il piano che fa per voi, altrimenti vi consiglio le stanze del piano inferiore.
La 7 ha anche l’idromassaggio, la vista sul biolago e l’uscita sul retro, con tanto di tavolinetto, quattro sedie di legno e posacenere.


Menzione speciale va proprio al biolago. Una parola a dir poco sconosciuta che identifica un ibrido lago-piscina. Mi spiego meglio: si tratta di una piscina, intesa come una grande vasca in pietra costruita dall’uomo, con tanto di scaletta in metallo per risalire dopo una nuotata, ma gestita in tutto e per tutto come un lago. I sistemi di filtraggio sono naturali, non esiste addizione di cloro o di altri prodotti chimici per la sua pulizia (che effettuano manualmente e periodicamente) e il suo mantenimento è totalmente affidato alla natura.
Proprio per questo motivo, il biolago è diventato la casa di svariate specie vegetali e animali come rane, piccoli pesci, libellule e altri tipi di animali, confermando quindi l’assoluta genuinità dell’acqua e il rispetto per l’equilibrio dell’ecosistema acquatico.
In questo biolago d’estate è possibile fare il bagno, ovviamente rispettando rigorosamente alcune regole. La sensazione generale, e sulla pelle, sarà quella di aver fatto una nuotata in un lago vero e non in una banale piscina. Un’esperienza sicuramente unica nel suo genere!
L’edificio successivo, lungo il vialetto dietro il ristorante, è la sala della colazione. Una saletta deliziosa, con un bel caminetto. La colazione a buffet prevede un po’ di tutto, dal salato (prosciutto, formaggio, pane di diverse tipologie, uova sode – immagino delle loro galline – burro e frutta) al dolce come torte caserecce, marmellate, cornflakes, yogurt e un meraviglioso barattolo di cremino Fiat da spalmare! Camminando oltre si incontrano invece le cantine, dove avviene la produzione del vino biologico dell’azienda.
Dall’agriturismo partono diversi sentieri che permettono di passeggiare lungo le vigne e nei boschi circostanti, nonché di arrivare ad un secondo laghetto immerso in una piccola vallata sovrastata dai famosi calanchi tipici di questa zona.

Corte d’Aibo non produce però solo vino biologico, ma anche pane (fenomenale quello scuro), pasta fresca, grappa, nocino, aceto, miele e addirittura una linea di prodotti per il corpo al vino rosso che prende il nome di Sveva.
Potrete trovare campioncini da testare, direttamente nelle stanze. Bagnoschiuma, dopobarba, sapone, crema viso e corpo. Tutto rigorosamente al vino rosso. E’ possibile acquistare in loco anche tutta questa serie di prodotti.
Che altro dire di questo delizioso pezzettino di paradiso, se non invitarvi a provarlo in prima persona, magari per un fine settimana di primavera, all’insegna del relax, della natura e del buon cibo?

Il mio parere è assolutamente positivo, i prezzi sono onesti e la cordialità è di casa. Credo che qualunque stagione abbia i suoi vantaggi, d’estate per la possibilità di fare il bagno nel biolago e prendere il sole in totale privacy, d’autunno per godere dei colori della natura che cambiano e fare lunghe passeggiate, in primavera per il clima e lo sbocciare della vegetazione che è un incanto e d’inverno per stazionare davanti al caminetto immersi nel silenzio della vallata innevata, magari sorseggiando un bel bicchiere di nocino fatto in casa. Il mio personale voto a questo agriturismo è un 8 pieno!

mercoledì 19 marzo 2014

Le avventure di Sherlock Holmes

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Ho appena terminato la lettura di questo terzo libro di Doyle sul grande investigatore londinese, il quale tratta dodici storie diverse, raccontate, come sempre, dalla penna del fedele amico Dott. Watson che, malgrado non abiti più con Holmes (no, non vi spiegherò il perché, dovrete scoprilo da soli!), continua a collaborare con lui e a stazionare spesso al 221B di Baker Street.

Ecco un brevissimo incipit, rigorosamente senza spoiler, di tutti e dodici i racconti, con sotto ognuno di essi un mio personale parere e un voto:

  • Uno scandalo in Boemia (A Scandal in Bohemia)
In questo primo racconto, facciamo la conoscenza dell’unica donna importante della vita di Sherlock Holmes, Irene Adler, e scopriamo anche perché Irene ha un così forte ascendente sul brillante detective. Il principe ereditario di Boemia si presenta in incognito a Londra per affidare a Holmes il compito di recuperare delle foto compromettenti che lo ritraggono con Irene Adler, donna di spettacolo e avventuriera che desidera renderle pubbliche per impedirne il matrimonio.

Giudizio: Semplicemente splendido. Un racconto fra i più belli di Doyle e uno dei personaggi letterari femminili più famosi dell’epoca, pregno di fascino e bellezza. Voto: 10

  • La Lega dei Capelli Rossi (The Adventure of the Red-Headed League)
La storia vede Sherlock Holmes e il dottor Watson alle prese con il caso di Jabez Wilson, proprietario di un piccolo negozio di pegni. Wilson viene a conoscenza che la Lega dei Capelli Rossi è in cerca di un nuovo membro. Andando alla selezione viene scelto tra numerosi concorrenti, tutti caratterizzati da una chioma rosso acceso. Il suo compito, ben pagato, consiste nel rimanere all'interno dell'edificio per tutto il mattino, ricopiando l'enciclopedia britannica. Un giorno però Wilson trova chiuso l’ufficio, con un cartello che dichiara: "La lega dei capelli rossi è sciolta". Il compito di Sherlock è quello di aiutare Jabez a capire cosa sia successo e di cosa si occupi veramente la Lega.

Giudizio: Davvero molto divertente. Decisamente originale il pretesto di Doyle per arrivare al cuore di una trama molto meno complicata del previsto. Voto: 8

  • Un caso di identità (A Case of Identity)
La giovane ereditiera Mary Sutherland si presenta da Holmes, alla presenza del dottor Watson, pregandolo di ritrovare il suo promesso sposo Hosmer Angel, scomparso mentre si recavano in chiesa a sposarsi.

Giudizio: Bellino, anche se a tratti poco credibile. Voto: 6

  • Il mistero di Boscombe Valley (The Boscombe Valley Mystery)
Holmes questa volta è alle prese con un caso assai difficile: un vecchio proprietario terriero, il signor McCarthy, tornato da molti anni dall'Australia, viene assassinato in riva a un laghetto. La figlia del più grande proprietario terriero della zona, il signor Turner, implora Holmes e Watson di provare l'innocenza del figlio di McCarthy, unico sospettato, che è per lei come un fratello.

Giudizio: Molto bello, sarebbe da vedere l'esistente trasposizione cinematografica. Voto: 9
 
  • I cinque semi d'arancio (The Five Orange Pips)
Il giovane John Openshaw chiede l’aiuto di Holmes: suo zio Elias è rientrato dagli Stati Uniti alla fine della Guerra di secessione americana, in disaccordo con l’abolizione della schiavitù. Un giorno riceve una misteriosa busta contenente cinque semi d’arancio e le lettere K.K.K. in inchiostro rosso. Dopo avere bruciato in fretta alcuni documenti, viene trovato morto per cause apparentemente naturali. Il padre di Openshaw, che ha ereditato dal fratello, riceve a sua volta una missiva con semi d’arancio, e la richiesta di documenti in suo possesso, dei quali ignora l’esistenza. Anche lui viene ritrovato morto, e una terza lettera giunge proprio al giovane. Questo convincerà John a rivolgersi a Sherlock in cerca di aiuto.

Giudizio: Davvero molto bello anche questo. Stessa cosa del precedente: anche qua una bella versione cinematografica ci starebbe proprio bene. Voto: 9

  • L'uomo dal labbro spaccato (noto anche come L'uomo dal labbro storto) (The Man with the Twisted Lip)
Holmes è alle prese con un nuovo caso: Neville St. Clair, onesto e benestante cittadino, si reca una mattina nella City per affari. La moglie, mentre passeggia, lo vede a una finestra di un locale con un'espressione agghiacciante sul viso. Sale così nell’edificio, ma non trova nessuno tranne  l’indiano proprietario e un barbone. La donna decide quindi di interpellare sia la polizia che Holmes.

Giudizio: Carino, poco credibile a tratti, ma carino. Voto: 6

  • L'avventura del carbonchio azzurro (The Adventure of the Blue Carbuncle)
Il postino Peterson vede un uomo con un'oca litigare con dei teppisti e rompere, per sbaglio, una vetrina. Peterson con il suo arrivo mette in fuga l'uomo che lascia il cappello e l'oca a terra. All'interno di quest'ultima viene ritrovato il carbonchio azzurro, una pietra di grande valore, il che rende il caso molto più interessante per Holmes. Quella stessa pietra apparteneva alla contessa di Morcar, ed era stata rubata qualche giorno prima. 

Giudizio: Bello. Avventura alla Arsenio Lupin, davvero niente male. Voto: 8

  • L'avventura della fascia maculata (The Adventure of the Speckled Band)
Helen Stoner contatta Sherlock Holmes per via della morte sospetta della sorella Julia, che avrebbe dovuto sposarsi a breve e di conseguenza ricevere annualmente una somma di 250 sterline proveniente dal fondo della defunta madre, che nel frattempo viene gestito dal patrigno di Helen e Julia, il dottor Grimesby Roylott.

Giudizio: Insomma… questo è l’unico racconto del libro che ho ritenuto veramente troppo macchinoso e machiavellico, oltre che davvero poco credibile. Voto: 5

  • L'avventura del pollice dell'ingegnere (The Adventure of the Engineer's Thumb)
Arriva nello studio medico del dottor Watson un uomo appena giunto alla stazione ferroviaria, che ha bisogno delle sue prestazioni: il pollice gli è stato mozzato di netto. Watson lo accompagna a casa dell’amico Holmes dove racconta la sua misteriosa storia.

Giudizio: Molto carino, trama più semplice del previsto, ma carino. Voto: 7

  • L'avventura del nobile scapolo (The Adventure of the Noble Bachelor)
Lord St.Simon scrive a Holmes per chiedere il suo aiuto. La sua sposa, l’ereditiera americana Hatty Doran, è scomparsa il giorno stesso delle nozze, durante il banchetto nella casa londinese del padre.

Giudizio: Molto bello, mi è piaciuto parecchio. Voto: 8

  • L'avventura del diadema di berilli (The Adventure of the Beryl Coronet)
Un uomo reso quasi folle dalla disperazione suona a casa Holmes. È il banchiere Holder, che ha ricevuto in pegno di un prestito di 50 mila sterline un diadema di berilli dichiarato patrimonio nazionale. Temendo furti nella cassaforte dell’ufficio, la porta con sé a casa per sorvegliarlo di persona. Durante la notte scopre il figlio spiantato Arthur, che frequenta amicizie poco raccomandabili, mentre manipola il diadema; chiama la polizia e lo fa arrestare, ma non c’è traccia dei tre berilli mancanti.

Giudizio: Molto carino, non particolarmente complesso come sembra, ma gradevole. Voto:

  • L'avventura dei Faggi Rossi (The Adventure of the Copper Beeches)
Miss Hunter va a chiedere consiglio da Holmes. È stata assunta come istitutrice e domestica, per un compenso enorme, dal signor Rucastle, il quale le pone come condizione che si tagli i capelli, che indossi un vestito blu qualche volta, che sia sieda su una determinata sedia e altre stranezze varie. Il detective le sconsiglia il lavoro, ma lei ormai è convinta e accetta. Holmes le chiede allora di chiamarlo immediatamente in caso di bisogno. Due settimane dopo, la ragazza contatta con un telegramma il detective, così Holmes e Watson accorrono alla tenuta Faggi Rossi. Nella casa c’è un mistero da svelare e in fretta.

Giudizio: Davvero notevole (profumato addirittura con una leggera nota d'horror) ma, secondo il mio giudizio, Doyle avrebbe dovuto portare la trama leggermente più avanti rispetto a dove, invece, ha deciso di fermarsi. Voto: 8


Buona lettura a tutti e ricordate: 
 Una stanza senza libri è come un corpo senz’anima.

martedì 11 marzo 2014

Il segno dei quattro

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Proseguendo lungo la strada fitta di misteri e lastricata di omicidi su cui a indagare è il più grande consulente investigativo di tutti i tempi, oggi parlerò del secondo libro di Sir Arthur Conan Doyle, scritto nel 1890 e immediatamente diventato un enorme successo: Il segno dei quattro.
In questo libro facciamo una scoperta incredibile, già dalle prime righe della prima pagina (quindi non sto facendo spoiler, tranquilli). 

Sherlock Holmes è un tossicodipendente eroinomane.

Sì, avete letto bene. Questo libro inizia proprio con il grande investigatore che si spara una dose dritta in vena.
Chi di voi sta seguendo la bella serie TV Elementary, ma non ha mai letto i libri di Doyle, forse pensa che la scelta di rendere Sherlock un ex tossicodipendente sia un'invenzione dagli sceneggiatori della serie, e invece, cari i miei lettori, non è affatto così.
Sherlock è davvero un ex tossicodipendente. Di morfina ed eroina, più precisamente.
Più avanti, nei libri di Doyle, Sherlock passa alla ben meno dannosa pipa, ma inizialmente è solito bucarsi addirittura tre volte al giorno, di fronte ad uno sconvolto, contrariato e soprattutto preoccupato dottor Watson.

Scopriamo inoltre che Holmes teme la noia; è la sua arcinemica, la monotonia delle giornate grigie londinesi lo getta in uno stato di sconforto indicibile che solo un mistero degno di nota, un'enigma machiavellico o un complicato codice da decifrare è in grado di cancellare. 
Questo è il motivo che spinge Holmes a fare uso di eroina: la noia. 

Mentre Watson discute con Sherlock, dapprima tentando di dissuaderlo dal fare uso di stupefacenti e successivamente, grazie a un magistrale cambio d'argomento da parte di Holmes, disquisendo sul metodo deduttivo, entra in scena la padrona di casa, annunciando ai due uomini una visita inaspettata che spalancherà di fronte a loro le porte di un nuovo elettrizzante caso da risolvere.

Una graziosa ragazza si presenta al 221B di Baker Street per sottoporre a Holmes un caso intricato da risolvere che vede protagonista il suo povero padre scomparso misteriosamente e un tesoro d'immenso valore da recuperare, e del quale lei a quanto pare è ereditaria. I due accettano il caso e Holmes abbandona, almeno momentaneamente, la siringa piena d'eroina.
La signorina Mary Morstan, dopo sei anni dalla scomparsa del padre, legge sul giornale un annuncio nel quale un misterioso personaggio chiede il suo indirizzo, asserendo che sarebbe a suo vantaggio farsi viva, così decide di rispondere.

Pochi giorni dopo riceve inaspettatamente un pacchettino con al suo interno una perla di grande valore. Questo pacchettino giunge a lei, da quel momento, ogni anno nello stesso giorno: sempre uguale, sempre anonimo.
Finché un giorno assieme alla perla, riceve un messaggio che recita:
Si trovi questa sera alle sette accanto al terzo pilastro da sinistra fuori dal Lyceum Theatre. Se non si fida, porti due amici. Lei è una donna cui è stato fatto un grosso torto e avrà giustizia. Non porti la polizia. Se la porterà, tutto sarà inutile. Un amico sconosciuto.

La ragazza decide, a questo punto, di andare a chiedere aiuto a Sherlock Holmes.

Come sempre non intendo snocciolarvi la trama, starà a voi scoprire il mistero, ma voglio dirvi che questo racconto, l'ho trovato anche più bello del precedente Uno studio in rosso. Scopriamo un particolare amore di Doyle per il passato, nel senso che anche in questo caso, il cuore della vicenda, l'inizio di tutti i mali, risiede in un passato piuttosto lontano dei personaggi che giocano un ruolo chiave nei panni di vittime e malfattori, i quali covano nel cuore desideri di vendetta o di giustizia per lunghi anni senza mai perdere la speranza di riuscire un giorno a renderli concreti; due termini, vendetta e giustizia, che spesso percorrono il filo della trama, camminando a braccetto, nonché invertendosi di ruolo.
In questo secondo lavoro sul grande consulente investigativo, Doyle si diverte a spennellare il buon Watson di rosa pastello. Pennellate d'amore verso la signorina Mary, ovviamente, per la quale ha un debole fin dalle primissime pagine.

Non vado oltre, ma vi consiglio vivamente la lettura!  

lunedì 3 marzo 2014

Uno studio in rosso

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Chi mi conosce sa quanto io ami Sir Arthur Conan Doyle

Da poco mi sono fatta un regalo: ho comprato il Mammut di Sherlock Holmes e per la seconda volta ho appena finito di leggere Uno studio in rosso, il suo primissimo lavoro sul leggendario consulente della polizia ambientato nella nebbiosa Londra vittoriana. 
Piano piano farò una piccola recensione anche degli altri suoi lavori, ma mi sembra naturale cominciare in ordine cronologico.

Uno studio in rosso, scritto da Doyle e pubblicato nel 1887 senza minimamente immaginare lo straordinario successo letterario che ottenne in seguito, parla di un duplice omicidio commesso con il solo scopo della vendetta personale. Il rischio di spoilerare, quando si parla dei gialli deduttivi di Doyle, è altissimo, quindi cercherò di fare molta attenzione, limitandomi a darvi una flebile traccia e un parere personale. 

In questo primo lavoro di Doyle, scopriamo come Holmes finisca col conoscere, e diventare coinquilino, del dottor Watson, al 221B di Baker Street, il più famoso indirizzo del pianeta. 

Il dottor Watson, medico militare ferito ed emaciato, ritorna a casa dalla guerra in Afghanistan e si stabilisce a Londra in un hotel, ma ben presto le sue finanze iniziano a scarseggiare e il medico si trova di fronte a due scelte: abbassare moltissimo il suo tenore di vita per poter alloggiare ancora lì o trovarsi un appartamento in affitto dividendo però le spese con un coinquilino. 
Grazie ad un incontro del tutto causale e inaspettato con un vecchio amico e collega che lavora all'università di medicina, scopre che un tale di nome Sherlock Holmes sta per l'appunto cercando un coinquilino. L'amico accompagna così Watson al laboratorio dell'università, sicuro di trovarci come sempre al lavoro Holmes. Non appena Sherlock poggia lo sguardo sul dottore, mentre i due si stringono per la prima volta la mano, egli esordisce con un "Vedo che è stato in Afghanistan", lasciando Watson letteralmente di stucco.
Holmes, in vista della probabile convivenza, elenca a Watson i suoi difetti, come ad esempio suonare il violino, fumare tabacco forte e altalenare momenti di iperattività a momenti di apparente depressione, chiedendo al medico di elencare quindi anche i suoi difetti. Holmes, ascoltata la lista di Watson, dice di aver messo gli occhi su un appartamento in Baker Street e lo invita a visionarlo il giorno successivo, insieme a lui. 
Una volta visionato, i due decidono di prenderlo in affitto e da quel momento Watson entrerà a far parte - all'inizio inconsapevolmente - della misteriosa e affascinante vita del consulente investigativo più conosciuto e discusso di Londra, seguendolo sulle scene dei crimini, fornendo la sua consulenza medica e scrivendo resoconti dettagliatissimi di tutti i casi affrontati.
In realtà, se vi è capitato di leggere qualcosa di Sherlock Holmes, siete già al corrente del fatto che proprio i resoconti del dottor Watson, vanno da soli a creare i libri di Doyle.
Dopo alcune settimane di convivenza, Watson, sempre più ossessionato e incuriosito dalla particolarissima personalità del suo coinquilino, parteciperà al suo primo caso insieme a Holmes. I due investigheranno dapprima sulla morte sospetta di un uomo di nome Drebber, avvelenato e ritrovato in una casa disabitata e successivamente su quella del suo segretario Stangerson, ucciso con una pugnalata nella camera d'hotel dove alloggiava. Insieme ai due poliziotti di Scotland Yard, Lestrade e Gragson, Watson e Holmes risolveranno il caso. Non intendo andare oltre per non rovinarvi la storia e come sempre vi consiglio di non leggere la trama su Wikipedia, visto che hanno il pessimo vizio di raccontare fedelmente anche il finale.
Lo stile narrativo di Doyle, malgrado non sia proprio contemporaneo, è fluido e scorrevole. Affatto pesante o estremamente descrittivo. Il personaggio di Sherlock, come sanno sicuramente anche coloro che non si sono mai cimentati con i libri, è intrigante e misterioso, misantropo tranne nei confronti di Watson, leggermente misogino, deliziosamente egocentrico e innegabilmente supponente. Il suo modo di vedere il crimine, di gestire gli indizi, di ragionare esclusivamente per deduzioni e non per ipotesi, lo rende colmo di fascino e ciò che intriga il lettore è proprio l'idea di potersi mettere alla prova, duellando con l'intelligenza del più grande detective di tutti i tempi.
Di Sherlock Holmes però ce ne sono davvero pochissimi al mondo, forse addirittura solo uno, per cui sappiatelo: il lettore resterà per sempre incuriosito da una sola domanda: "Come diavolo ci riesce?"
Proprio questo, del resto, è il segreto del successo di Sherlock Holmes.
Termino questa mia breve recensione con una curiosità che non tutti sanno e che, per comodità, incollo qua direttamente da Wikipedia:

Il modo di dire più tipico attribuito ad Holmes è la frase «Elementare, Watson!» (Elementary, my dear Watson!), quando egli spiega, con una certa sufficienza, all'amico medico la soluzione di un caso. 

In realtà questa celebre frase non è mai stata pronunciata testualmente dal personaggio nelle storie scritte da Doyle.

In una pagina della raccolta Le memorie di Sherlock Holmes, nel racconto L'uomo deforme, e anche in una pagina del romanzo Uno studio in rosso, Holmes, rispondendo a una domanda di Watson, fa semplicemente uso del modo di dire «Elementare!», riferito a un suo ragionamento; parimenti nel racconto L'avventura degli omini danzanti, dalla raccolta Il ritorno di Sherlock Holmes, rivolgendosi a Watson afferma: «Ogni volta che glielo si spiega, qualsiasi problema diventa per lei elementare»; ne Il segno dei quattro afferma: «La cosa è di una semplicità elementare».

La frase «Elementare, mio caro Watson!» ha fatto la sua apparizione in uno dei tanti film sul grande detective. 

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