giovedì 31 maggio 2018

DETROIT Become Human

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La nuova opera di David Cage è finalmente nelle nostre mani (uscita sul mercato italiano il 25 maggio). La sua Quantic Dream, blasonata software house francese, creatrice di esclusive Sony del calibro di Heavy Rain e Beyond: Two Soul, ci propone Detroit, Become Human. Essendo il primo loro lavoro sulla PS4 è lecito aspettarsi meraviglie, vediamo insieme al mio ospite, nonché maritino, Hyunkel76, se ci sono riusciti. 



Partiamo con un po' di storia videoludica. Tutto parte nel 1999 con l'uscita di Omikron: The Nomad Soul (su PC, per poi venire convertito l'anno seguente su Dreamcast), avventura grafica con elementi picchiaduro e shooting. Purtroppo il primo esperimento non fu dei migliori, nessuno dei tre elementi risultava intrigante e non ebbe un grande successo (molti nemmeno sanno che questo fu il primo titolo di Quantic Dream). 



Tutto tace fino al 2005, data dell'uscita di Fahrenheit, avventura che farà da capostipite per gli "interactive drama" per più di una decade. Il titolo viene accolto bene nonostante alcuni difetti (fasi stealth irritanti, e un cliffhanger un po' forzato). Da lì in poi Quantic Dream diventa una software house che sforna solo esclusive Sony per la sua console ammiraglia. 



Heavy Rain nel 2010 su PS3 rappresenta l'evoluzione di tutto ciò che è stato presentato in Fahrenheit: il lavoro fatto sulle espressioni facciali è veramente a un livello superiore a qualsiasi produzione in commercio, ma resta sempre il problema di un doppiaggio non proprio all'altezza e i controlli funzionali all'avventura, ma non certo comodi per il giocatore. Da segnalare che qualche cosa nella trama non regge, ma il viaggio dei 4 protagonisti resta comunque godibilissimo. 



Arriviamo a Beyond: Two Soul, uscito nel 2013. Si torna al paranormale lasciando fuori il poliziesco. Protagonisti sono Jodie e Aiden, uno "spirito" a cui è legata fin dalla nascita. Rispetto al passato tutto migliora e la storia è davvero bella e godibile, ma anche qui Cage impone il suo stile narrativo al giocatore, introducendo una time line degli eventi non lineare. La storia di Jodie passa dalla sua infanzia all'età adulta per poi tornare all'adolescenza e così via. Per ovviare al problema venne introdotta una patch per permettere al giocatore di giocare l'avventura in ordine cronologico. Siamo comunque all'apice dell'esperienza interactive drama che nel recente passato ha ispirato intere SH, basta citare Telltale Games (Walking Dead, Wolf Among Us, etc...) o Dontnod (Life is Strange). 



Ora però c'è Detroit, Become Human... In molti ricorderanno la tech demo di Kara su PS3 del 2015. Non è falso dire che Detroit sia nato lì. L'incipit di Detroit è trito e ritrito: cosa potrebbe succedere se le intelligenze artificiali acquisissero una coscienza. Messa così sembra l'ennesima brutta copia di Blade Runner, ma proprio qui si cela tutta la bravura di Cage e del suo team: partire da qualcosa di assolutamente banale per creare una storia intensa che permetta al giocatore di compiere un viaggio che lasci il segno. 



Vediamo un po' di trama, senza spoiler:

Siamo nel 2038, in una Detroit a impronta fortemente tecnologica, la Cyberlife, azienda leader nel campo della produzione di androidi, ha qui il suo quartier generale. Gli androidi hanno raggiunto un livello di perfezione tale dall'essere impiegati non solo nei lavori manuali più pesanti, ma anche nelle più complesse attività umane: seguono i figli a casa, cucinano, fanno parte di squadre di baseball, vengono persino impiegati come soldati e astronauti. Per evitare di confonderli con gli umani, visto che sono assolutamente identici nell'aspetto, presentano sulla tempia destra un LED che può cambiare colore (rosso, giallo, blu), grazie al quale si può capire se l'androide ha anomalie in corso. Grazie agli androidi la produttività americana è alle stelle, di contro la disoccupazione è diventata elevatissima. Montano così le proteste in tutta la nazione da parte di chi si è trovato in mezzo a una strada per colpa degli androidi. 


In questo contesto conosciamo i nostri 3 protagonisti, tutti androidi.

Kara, un modello di androide domestico, specializzato nella cura della casa e dei bambini. 

Markus, un prototipo che il fondatore di Cyberlife ha donato all'artista Carl Manfred per assiterlo durante la sua malattia. 

Connor, prototipo di androide investigatore attualmente in forza alla polizia di Detroit. 
Ognuno di loro non ha nulla in comune con gli altri, e vedremo le loro storie svilupparsi su binari differenti, per lo meno durante le prime ore di gameplay. 

La prima rogna che il giocatore è chiamato a risolvere è una trattativa con un androide cosiddetto "deviante" (ovvero che ha preso coscienza di sé, iniziando a provare emozioni) che ha preso in ostaggio una bambina dopo avere assassinato il padre. Già da queste prime battute si capisce che il capitolo può essere risolto in molteplici modi, ponendoci di fronte a diversi indizi, che possiamo raccogliere come non, scelte sia morali che non. Connor può persino venire ucciso alla prima missione, giusto per darvi un'idea. 



Alla fine di ogni capitolo potremo verificare, grazie a un diagramma molto intricato, le scelte fatte e potremo controllare cosa ancora ci manca (il diagramma ci farà vedere ogni diramazione possibile, ma solo ciò che abbiamo affrontato durante il gameplay sarà visibile con la sua descrizione). 
A differenza dei passati titoli di Cage stavolta le diramazione sono davvero molte e pare che la rigiocabilità sia elevata (sul perché "pare" ci torniamo alla fine). La prima partita a Detroit porterà via circa 10 ore, in linea con le produzioni di Quantic Dream. La storia è davvero molto ben narrata e appassionante, ma soprattutto credibile; il futuro che racconta sembra veramente a portata di mano e ammetto che in molte circostanze mi ha spaventato, mentre in altre esaltato per quello che può essere un credibile sviluppo per l'umanità. 

Purtroppo sulla storia non posso sbilanciarmi in nessuno modo, il rischio spoiler è drammaticamente elevato. Parliamo quindi dell'aspetto tecnico. 



Su Playstation 4 (e non solo) non esiste NULLA di paragonabile nella modellazione dei personaggi e nelle loro espressioni. Le texture sono davvero ben fatte e le animazioni dei personaggi fluide e credibili. Il lavoro di motion capture è superbo sotto tutti i punti di vista e ci troviamo di fronte a una produzione che segnerà il passo per il prossimo futuro. Chiunque vorrà cimentarsi nell'interactive drama dovrà fare i conti con Cage e il suo team: lo sguardo dolce di Kara rimarrà per sempre scolpito nel mio cuore. 
Tutte le location sono ispirate e d'impatto, anche se alcune sono realizzate a mio parere un po' frettolosamente, complice il fatto che sono solo di passaggio. 
Talvolta si nota un calo di frame rate sulle PS4 non Pro, ma è davvero rarissimo. 
Le voci italiane sono tutte di buon livello, anche se ho trovato quella di Markus non proprio azzeccata, ci voleva qualcuno di un po' più tenebroso. 



E veniamo quindi al gameplay.

Come siamo stati abituati in passato da Cage, siamo di fronte a un enorme quick time event alternato a fasi esplorative. Detto così, nudo e crudo, può far storcere il naso (in fin dei conti Dragon's Lair è degli anni 80 ^_^), ma la maestria sta nell'usarlo sapientemente. Siamo più vicini a quello che è una vecchia avventura punta e clicca che non ad un vero e proprio gioco sui binari, che vede nel suo fine ultimo la memorizzazione di una sequenza di tasti. Il gioco alterna fasi esplorative, dove raccoglieremo indizi, oggetti, dialogheremo con personaggi per ottenere informazioni, a fasi "action". 
Le azioni che andremo a compiere nelle fasi esplorative ci apriranno o precluderanno determinati percorsi talvolta nell'immediato, talvolta persino a fine gioco. Le suddette azioni per esempio possono aumentare o diminuire il livello d'intesa fra i protagonisti e i comprimari, cambiando la nostra storia radicalmente. 



Non a caso lo stesso Cage ha dichiarato che Detroit è la sua storia con più bivi di sempre e posso assicurarvi che è così. Va però messo in chiaro che i "macro finali" si contano sulle dita di una mano, seppur con decine di sfumature per ognuno di essi. L'abilità sfoderata dai Quantic Dream sta però nella sottile arte dell'inganno, che col passare degli anni hanno affinato alla perfezione, cioè quella di farci credere che ogni aspetto della trama sia frutto delle nostre decisioni. Di fatto è vero che alcune scelte vanno a cambiare radicalmente i nostri progressi futuri, ma molte azioni non hanno alcuna conseguenza se non quella di farci chiedere se abbiamo fatto la cosa "giusta" oppure no. Avendo così tanti bivi non vedrete tutte le location e i personaggi secondari alla prima partita, questo permette al gioco di essere rigiocabile ed è un bene, considerato che ormai anche la produzione meno blasonata si attesta sulle 20 ore di gioco. 
Menzione d'onore va al menu principale. Un Androide modello ST200 (per gli amici Chloe) vi assisterà per tutto il gioco e reagirà alle vostre scelte di gameplay, talvolta ponendovi domande, talvolta ponendovi sondaggi. Sembra banale, ma in realtà è una chicca che nel mondo videoludico non si era mai vista prima. Aspettate la fine del gioco per rimanere sorpresi. :)



Parliamo dei difetti, che ahimé ci sono. 

Alcuni personaggi di contorno sono davvero dei cliché: Abbiamo il detective demotivato e alcolizzato, il padre violento, l'artista malato... etc. Tutti giocano un ruolo fondamentale nella storia e sono ben scritti e interpretati, ma nel 2018 sarebbe ora di staccarsi da questi stereotipi. 
Alcune parti della storia vengono lasciate di proposito nel dubbio, quindi ci saranno delle domande a cui sarà il giocatore a dover dare delle risposte (brutto vizio di Cage). Di certo possiamo soprassedere ad alcune di poco conto, ma una di queste in particolare meritava una risposta chiara. 
L'unico vero colpo di scena mi è parso fin troppo telefonato (almeno così è stato per me e la mia dolce metà), complice il fatto che arriva troppo tardi nella narrazione a giochi ormai conclusi, in questo modo, a un passo dal cliffhanger, non si ha modo di svilupparlo approfonditamente. 



Durante i dialoghi sceglieremo, attraverso scelte multiple, l'argomento che il nostro personaggio tratterà e non sempre ci sarà chiaro cosa dirà effettivamente. Considerato che la lingua italiana ha molte più sfaccettature dell'inglese mi aspettavo che gli adattatori facessero un lavoro migliore permettendoci di capire meglio cosa poi il nostro androide volesse dire. 
Il gioco permette di caricare un checkpoint precedente, per poter rigiocare una sezione e cambiare le nostre scelte. Questa opzione appare solo nel menù principale, di conseguenza sfruttarla comporta l'uscire dalla partita attuale, attendere il menù principale per poi caricare la sequenza interessata. Purtroppo il tempo di caricamento è davvero lungo. Durante il normale svolgimento della partita i caricamenti non si sentono in quanto, man mano che ci avviciniamo alla fine di un capitolo, il gioco carica in background il successivo, ma se dobbiamo appunto tornare indietro, fra caricamenti vari se ne vanno 5 minuti buoni.



Detroit è, a prescindere dai suoi difetti (e quelli intrinseci del suo genere) un'opera che segna il passo. E' l'interactive drama. Il viaggio in questo futuro prossimo dell'umanità non è mai stato più attuale e credibile, e si può dire con sicurezza che stavolta il protagonista indiscusso sia la storia stessa, ben più di quanto lo siano gli stessi Kara, Connor e Markus. Un viaggio che consiglio a tutti voi che amate il genere. Per gli altri, che necessitano più di un videogioco vero, consigliarlo è difficile, soprattutto a prezzo pieno. Per quello che riguarda me... dovrò aspettare altri anni per vedere un'opera di Cage e questo, come sempre, mi lascia un po' di amaro in bocca.


Hyunkel76

lunedì 28 maggio 2018

Hamburger Gluten Free

28 maggio 0 Comments

Oggi è l'hamburger day!!! Quale giorno migliore, quindi, per spararsi un bel paninazzo alto mezzo metro, con dentro di tutto e di più, senza sentirsi in colpa?

Bene, oggi andiamo a vedere come realizzare un hamburger gustosissimo, seppur senza glutine! A mio marito piacciono molto, e anche a me, così ce li facciamo spesso (e va bene... con moderazione, non fate i nutrizionisti de noartri ^_^)

Anche da celiaci, quindi, è possibile smaialare e cedere alla indegna bontà di un bel paninazzo americano. Insomma, a quello che tutti considerano junk food, ma che io ritengo un ottimo piatto unico, da mangiare ogni tanto e da realizzare utilizzando prodotti di primissima qualità.

Una premessa: Ovviamente, se avete il tempo, potete fare voi stessi sia il pane da hamburger che il burger stesso. Io di solito non ho molto tempo (e nemmeno tanta voglia, lo ammetto), quindi a forza di provare svariati prodotti gluten free, ho trovato il pane più adatto e anche gli hamburger.

In ogni modo, se desiderate fare tutto voi, vi illustro in breve i passaggi da fare.
Per quanto riguarda i burger, potete farli sia di carne che vegetariani. Vediamo i due esempi che di solito faccio io (ma le ricette sono tantissime e adatte per ogni palato!).



BURGER VEGETARIANO

Io adoro quello di ceci, perché mi ricorda moltissimo i miei amati Felafel.

Ingredienti per 2 burger vegetariani:
  • 250 grammi di ceci lessati
  • Olio EVO
  • Erba cipollina
  • Prezzemolo
  • Parmigiano Reggiano
  • Pangrattato senza glutine
  • Sale
  • Pepe nero
  • Curry senza glutine
  • Uno spicchio d'aglio (se piace)

Scegliete se usare ceci precotti o secchi. Una volta pronti, schiacciateli con una forchetta, oppure passateli al mixer con un filo d'olio EVO e aggiungete un pochino d'acqua fino ad ottenere una purea non troppo liquida. Trasferite il composto all'interno di un boule e con un cucchiaio aggiungete le spezie, il Parmigiano e le erbe aromatiche -lavatele prima!- tritate. Salate e pepate. Regolate la consistenza del composto aggiungendo quanto basta di pangrattato senza glutine, poi formate due palline e schiacciatele dopo averle disposte su un pezzo carta forno. Dorate in padella per qualche minuto e usatele per i vostri hamburger!


BURGER DI CARNE

Mio marito apprezza molto quelli di maiale, ma non disdegna nemmeno pollo e tacchino già pronti.

Ingredienti per 2 burger di carne:
  • 250 grammi di carne di maiale tritata molto fine
  • Olio EVO
  • Noce moscata
  • Erba cipollina
  • Prezzemolo
  • Pangrattato senza glutine
  • Sale
  • Pepe nero
  • Parmigiano Reggiano
  • 2 uova bio
  • Curry senza glutine
  • Uno spicchio d'aglio (se piace)

Mettete la carne in un boule e aggiungete tutti gli altri ingredienti (le erbe aromatiche lavatele e tritatele prima), impastate tutto, se l'impasto è troppo morbido aggiungete del pangrattato senza glutine, se troppo duro un filo di latte o di acqua. Con le mani bagnate formate due palline e appiattitele tra i palmi delle mani. Se li volete tutti uguali, pressateli dentro un coppapasta del diametro desiderato. Dorate in padella per qualche minuto e usateli per i vostri hamburger!

Veniamo al tasto dolente. Il pane da hamburger gluten free. Non semplicissimo da fare, molto più comodo da comprare, anche se non sempre buonissimo da mangiare :)

Se vogliamo provare a farlo da soli, ecco uno dei tanti modi. 

PANINO DA HAMBURGER GLUTEN FREE

Ingredienti per 2 panini:
  • 200 grammi di farina senza glutine MIX B della Schaer
  • 100 ml di latte senza lattosio
  • Mezzo cucchiaino di miele
  • 25 grammi di burro a temperatura ambiente
  • Lievito senza glutine
  • 1 cucchiaino raso di zucchero
  • Sale
  • Olio EVO
  • Semi di sesamo (se piace)

Sciogliete il lievito nel latte a temperatura ambiente e lasciate agire per qualche minuto. Nell'impastatrice (se l'avete), inserite farina, zucchero e latte con il lievito. Amalgamate e aggiungete il burro a pezzettini, poi il sale. Lavorate il composto fino a ottenere un impasto omogeneo. Trasferitelo in un boule e con le mani bagnate inumidite la superficie, coprite con un canovaccio pulito e lasciate lievitare per un'ora e mezza. A lievitazione ultimata, mettete l’impasto su un piano leggermente infarinato e lavoratelo due minuti con le mani, poi rimettete l’impasto nel boule e coprendolo ancora lasciatelo riposare per un'altra mezz'ora. A questo punto dividete l’impasto in due porzioni da 100 gr formando due panini rotondi. Sistemate i panini sulla placca rivestita di carta forno e lasciate lievitare per un'altra ora. Portate il forno a 200°, intanto, facendo molta attenzione, spennellate i panini con il latte e cospargeteli con i semini di sesamo (se vi piacciono). Infornate per 25 minuti circa, fino a doratura. Lasciate raffreddare i panini su una gratella.

E ORA...


Bene, veniamo a noi!
Ecco come realizzo invece i miei hamburger super veloci, quando non ho tempo o voglia di cucinare seriamente :)


INGREDIENTI PER 2 HAMBURGER "A MODO MIO": 

  • 2 hamburger Aia, "Carne al Fuoco", suino senza glutine  
  • 2 panini da hamburger senza glutine della Schaer
  • 1 grossa cipolla dorata o bianca Bio (mondatela e senza tagliarla lasciatela in acqua per un'oretta)
  • 2 sottilette Cheddar senza glutine
  • 2 fette sottili di Emmental
  • 1 cetriolo piccolo Bio
  • 1 pomodoro tondo o Cuore di Bue Bio
  • Qualche foglia di insalata Gentilina Bio
  • Maionese Bio senza glutine
  • Erba cipollina fresca Bio
  • E se volete proprio smaialare a palla, un uovo Bio

Per prima cosa pulite e lavate la cipolla, poi lasciatela immersa in acqua per circa un'ora, così da farla addolcire un po'. Dopo di che tagliatela a rondelle e appassitela in padella con un pochino d'acqua. Quando è pronta, aggiungete un filo d'olio EVO e salatela. Spegnete il fuoco e mettete da parte. Nella stessa padella abbrustolite i panini tagliati a metà. Una volta pronti, mettete da parte. Lavate e tagliate a fettine il pomodoro e il cetriolo. Poi lavate le foglie della Gentilina e asciugatele con uno Scottex. Passiamo alla carne. Accendete il fuoco sotto la griglia e aspettate che sia bella calda prima di posizionare l'hamburger. Per capire se la griglia è pronta, versateci una goccia d'acqua. Se sfrigola ed evapora subito, è fatta. Girate la carne SOLO quando si stacca da sola dalla padella e non prima. Seguite i tempi di cottura. 
Lavate e tritate l'erba cipollina e in una ciotolina unitela a due cucchiai rasi di maionese. 
Bene, è il momento di assemblare il nostro panino.
Prima di tutto il pane, la base. Sopra mettete la fettina di cheddar, due fettine di cetriolo e poi la carne, sopra ancora la maionese, le cipolle, due fettine di pomodoro e l'insalata. Terminate con una fettina di Emmental e un paio di fettine di uovo sodo (condito con un filo d'olio, sale e pepe nero), se lo avete aggiunto alla lista della spesa che vi ho fornito qua sopra! 

Non vi è venuta fame? :)

Per qualsiasi nozione inerente la celiachia, invece, vi rimando all’unico sito davvero attendibile nel quale potrete trovare risposta a ogni vostro dubbio. Il sito dell’Associazione Italiana Celiachia, AIC. Se però avete qualche domanda, più che altro incentrata sulla nostra esperienza personale, scrivetemi pure.

domenica 13 maggio 2018

Life is Strange Before the Storm

13 maggio 1 Comments

Esattamente come la prima volta che ho finito di giocare Life Is Strange (inteso come primo gioco di questa saga), mi ritrovo qua davanti a un foglio bianco e non so cosa scrivere, perché le emozioni mi attanagliano e mi confondono. Il cursore lampeggia come in segno di sfida e io, davvero, non so da dove iniziare. Life Is Strange è un vero casino da raccontare, perché è un gioco che va vissuto in prima persona. Va visto, vissuto e ascoltato. Anche questa volta, sui titoli di coda mi sono sentita spaesata e commossa e il primo pensiero è stato: "Devo rigiocarli tutti e due in fila, tutti d'un fiato" perché, secondo me, solo così è possibile metabolizzare tutto e sfornare una recensione veramente accurata. Purtroppo però, la recensione del primo l'ho già fatta (se ve la siete persa, fate un click qua), quindi dovrete accontentarvi. 
Cerchiamo di fare il punto della situazione e andiamo a vedere in che modo, questo secondo capitolo, si aggancia al primo. 


Innanzitutto è necessario comprendere che si tratta di un prequel e che giocandolo andremo quindi a scoprire il corso degli eventi prima dell'arrivo di Max alla Blackwell e lo faremo, stavolta, indossando i panni ribelli e punk di Chloe, la sua migliore amica. 

Life Is Strange: Before the Storm è quindi un'avventura grafica di tre episodi sviluppata da Deck Nine Games e pubblicata da Square Enix. La storia è ambientata cronologicamente tre anni prima degli eventi accaduti in Life Is Strange e si concentra sulle vicende tormentate della sedicenne Chloe Price, quando conobbe la compagna di scuola Rachel Amber.

La Deluxe Edition (ovvero quella comprata da me) include un capitolo bonus chiamato "Farewell" ("Addio", in italiano), che ha come personaggio giocabile Max Caulfield, tre capi d'abbigliamento a scelta da far indossare a Chloe e una Mixtape Mode, che permette ai giocatori di personalizzare le proprie playlist con la colonna sonora del gioco. In Life Is Strange: Before the Storm non è presente la meccanica dei viaggi temporali a cui siamo stati abituati nel precedente capitolo, quindi ogni azione non può essere annullata e conseguentemente modificata. Motivo per cui è necessario ponderare con grande attenzione le proprie scelte nei dialoghi. Ogni scelta che andremo a fare, avrà delle conseguenze sulla trama e sugli eventi futuri. 


Alessandra Borgonuovo, nella sua bella recensione su IGN, scrive: 

"Deck Nine è riuscita in qualcosa che non è davvero alla portata di tutti. Ha raccolto un'eredità per farne qualcosa di personale e unico, un gioco che definire banalmente prequel non renderebbe l'idea di cosa sia Life is Strange: Before the Storm, dell'identità che si è costruito passo dopo passo e di come non meriti di stare un passo indietro al gioco originale, bensì al suo fianco a testa alta. Potrei definire il gioco come un enorme palcoscenico lungo il quale prendono vita numerose piccole scene che si susseguono, si rincorrono, si ostacolano per poi convergere in un finale dal quale non c'è possibilità di ritorno né cambiamento - e forse proprio per questo fa più male." 

E continua scrivendo: 

"Per la maggior parte di questo viaggio, Life is Strange: Before the Storm non ha il sapore di un prequel ma di un'opera inedita, che sottilmente ci indirizza verso l'originale senza scimmiottarlo: trova una sua strada e si fa espressione dell'amore, della dedizione, del rispetto che Deck Nine ha portato al lavoro di Dontnod, così palese che è facile perdersi nella loro meravigliosa intepretazione di Arcadia Bay come se fosse la prima volta."

Non posso che concordare con Alessandra Borgonuovo. Before The Storm non ha affatto l'aspetto di un prequel, ma di un'opera a se stante, che viaggia perfettamente in parallelo con Life Is Strange. 


Nel primo capitolo facciamo la conoscenza di una ragazza insicura, con un carattere palesemente ingenuo, molto dolce e premuroso. Max è una "legale buona", se vogliamo, e come tale non ha un carattere forte e una personalità che s'impone sugli altri. Diciamo che è la ragazza della porta accanto. Questo aspetto però ben sia adatta, infatti, con la meccanica di gioco e la possibilità di fare un rewind del fattore tempo. L'insicurezza di Max viene in qualche modo superata potendo tornare indietro nel tempo per correggere ogni scelta sbagliata o meno fatta nel corso del gioco. 

In Before The Storm questo non accade, perché Chloe non possiede i poteri di Max e la trama, oltre ad avere un aspetto più realistico e meno paranormale, impone al giocatore di fare scelte sicure, mancando la possibilità di rimediare. Chloe, al contrario di Max, ha un carattere ribelle, "cazzuto" e per niente ingenuo. E' una ragazza tormentata dal dolore causato dalla perdita del padre che amava così tanto, dall'arrivo nella sua famiglia di un nuovo patrigno col quale non va affatto d'accordo, con una madre che si fa in quattro al lavoro per non farle mancare nulla, ma che in compenso non c'è mai e, non dimentichiamolo, con il dolore della perdita di Max, che ha abbandonato lei e Arcadia Bay  per trasferirsi a Seattle proprio quando Chloe avrebbe avuto più bisogno di lei. 

Chloe quindi, al contrario di Max, che ha avuto un'infanzia felice e genitori presenti e amorevoli, si porta appresso un buco nero al centro del petto. Un trauma che l'ha spezzata in due, che l'ha "rotta" per sempre, indirizzandola verso atteggiamenti di ribellione, alcol, fumo e persino droga. 

Mentre il primo capitolo vede una Max tutta carina ed educata intenta a indagare per risolvere diversi misteri, fra i quali i suoi stessi poteri (il gioco quindi appare più investigativo), in Before The Storm abbiamo a che fare con un dramma adolescenziale, con un risvolto introspettivo e con la crescita psicologica di un personaggio dannatamente tormentato e perseguitato dai guai. Ed è proprio il suo lato tormentato che ci fa amare così tanto Chloe, rispetto alla piccola, dolce e "banale" (poteri a parte) Max.


Una menzione d'onore va al personaggio di Rachel Amber, soltanto accennato nel primo capitolo, seppur le vicende ruotassero proprio attorno a lei. In Before The Storm, Rachel è un personaggio chiave, caratterizzato benissimo, che si integra perfettamente al carattere di Chloe, unica persona oggettivamente in grado di capire il disagio interiore che vive la ragazza e che ha imparato a nascondere magistralmente al resto del mondo. 
Rachel mi ha ricordato in qualche modo Laura Palmer e detto questo, mi fermo. 

Concludendo, possiamo dire che l'assenza dell'aspetto paranormale e investigativo si sente, ma non inficia per niente la godibilità del gioco nella sua completezza. Sarà un piacere incontrare di nuovo i personaggi che abbiamo conosciuto in Life is Strange e soprattutto, sarà davvero affascinante addentrarci nella vita di Rachel Amber e Chloe Price. Diciamo che mentre il primo lavoro della Dontnod era un videogioco a tutti gli effetti (seppur immersivo e coinvolgente a livello emotivo), con Before The Storm ci sembrerà di vivere in prima persona un film, lasciandoci sul finale con una voglia matta di continuare a vivere la vita di Chloe, per vedere cosa le riserva il futuro.

Il mio personale voto è quindi altissimo e consiglio caldamente a tutti i tipi di gamer, di giocare a entrambi i capitoli. Sarebbe un vero peccato, perderseli.      



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