lunedì 20 agosto 2018

# Frammenti Videoludici # La Stanza degli Ospiti

Prey

Con somma gioia, ospito di nuovo fra le mie pagine Gianluigi, ovvero mio marito :)
Anche lui, come me, ha iniziato una collaborazione con Nerdface.it e in questi giorni sono state pubblicate le sue prime recensioni ufficiali di Pray e del suo DLC Mooncrash.

Potete leggerle sul mio blog, oppure cliccando qua: PRAY e qua: PRAY DLC MOONCRASH

Iniziamo con Pray :)



Qualcuno forse ricorderà il Prey del 2006, sviluppato da Human Head Studio, sparatutto sci-fi in soggettiva dal discreto successo.
Per anni si parlò di un seguito, fino al 2014 quando il progetto venne cancellato in favore di un reboot annunciato nel 2016 e uscito nel 2017.
Mantenendo quindi lo stesso titolo andiamo a vedere cosa ci offre questo nuovo Prey.
Siamo di fronte a un titolo molto particolare che non ha un’impronta definita, ma spazia attraverso molteplici generi: la struttura principale è da FPS, con visuale 3D in prima persona e svariate armi a disposizione.
Abbiamo poi la crescita del personaggio che, come in ogni buon Action-RPG, avviene grazie al miglioramento delle abilità.
Non manca la gestione delle risorse come in ogni buon Survival, condita con meccaniche Stealth.
Per finire una componente narrativa davvero marcata.
Si può tranquillamente affermare che siamo di fronte a una grande “operazione nostalgia”, perché moltissimi sono gli elementi presenti in capolavori del passato che Prey ha fatto suoi.
In molti ricorderanno Dead Space, titolo dalle atmosfere molto simili a Prey, oppure Bioshock, dove il protagonista usa i Plasmidi per aumentare le sue capacità (in Prey abbiamo le Neuromod).
Il nostro eroe Morgan Yu è uno scienziato, che come prima arma trova una chiave inglese, proprio come il Dott. Gordon Freeman di Halflife.
Sulle prime si potrebbe avere da ridire sull’originalità di questa produzione Bethesda, sviluppata dai talentuosi Arkane Studios, ma fortunatamente il gioco ha un’anima tutta sua.


Trama senza spoiler

Come detto in precedenza, in Prey impersoniamo Morgan Yu, uno scienziato/a (decideremo noi il sesso del protagonista) che si sta sottoponendo ad alcuni test sulla stazione spaziale di Talos 1.
Su questa enorme stazione, in orbita attorno alla Luna, la TranStar Corporation testa e sviluppa le Neuromod, apparecchi in grado di aggiungere, con una semplice iniezioni oculare dritta fino al cervello, qualsiasi tipo di abilità umana… e non solo.
Lo studio sulle Neuromod è intrecciato a doppio filo con l’analisi di organismi chiamati Typhon, una razza aliena entrata in contatto con l’umanità svariati anni prima.
Durante uno dei test, al quale Morgan si sottopone, avviene un incidente e gli organismi Typhon si liberano dall’area di contenimento invadendo l’intera struttura.
Sarà vostro il compito di cercare di salvare la baracca fermando l’infestazione.


Gameplay

L’arsenale che ha a disposizione Morgan inizialmente è davvero molto scarso e il gioco non è molto generoso nelle prime fasi.
Troverete dapprima la Tuta Transtar e la chiave inglese (unica arma da corpo a corpo) e poco dopo il cannone Gloo.
Quest’ultimo è una delle piccole perle di Prey e consente sia di immobilizzare i nemici con i suoi colpi, sia di creare veri e propri gradini di schiuma che si induriscono a contatto con l’aria.
Grazie a questo tool potremo non solo raggiungere zone non accessibili altrimenti, ma anche spegnere incendi e riparare perdite nei tubi, praticamente un coltellino svizzero in chiave futuristica ma che, ahimè, resta un’arma non letale.
Sin da subito capiremo che persino i nemici più deboli non scherzano affatto.
I Mimic, piccoli organismi Typhon, hanno la capacità di assumere le sembianze di qualsiasi oggetto di piccole dimensioni si trovi nelle loro immediate vicinanze (possono persino sembrare dei medikit o delle munizioni).
Non appena vi avvicinerete a uno di questi piccoli infami, verrete attaccati.
Non sono certo gli avversari più resistenti ma, soprattutto nella prima parte di gioco, non sarà difficile venir sopraffatti da un paio di queste creature, visto che già a difficoltà normale Prey non perdona.
Per affrontare i nemici più impegnativi, e saranno parecchi, avremo bisogno di espandere il nostro arsenale, al quale potremo aggiungere pistole classiche o elettriche, fucili a pompa, armi a raggi, e granate, oltre ai potenti poteri Typhon che sbloccheremo una volta ottenuto lo Psicoscopio.
Tutti le armi e i materiali di consumo potranno essere trovati o fabbricati.
Il crafting è semplice e intuitivo e può essere riassunto con una sola parola: Riciclare.
Nel nostro girovagare per la stazione potremo raccogliere praticamente di tutto, dalle bucce di banana ai cavi elettrici.
Un volta raggiunto un Riciclatore potremo buttarci dentro qualunque cosa vogliamo e con la pressione di un tasto il macchinario scomporrà tutti i gli oggetti che vi abbiamo inserito nei quattro componenti fondamentali per il crafting: Organico, Minerale, Sintetico, Esotico.
Trovando poi un Assemblatore, una volta acquisiti i progetti di un’arma, munizioni, consumabili, persino Neuromod, potremo creare ciò che vogliamo, a patto di avere il giusto numero di materiali da impiegare nel processo.
La tuta e lo Psicosopio possono essere aggiornati mediante chip che ne aumenteranno le capacità, mentre per migliorare le armi avremo bisogno di kit balistici.
Il gioco non è particolarmente generoso nel fornire munizioni al giocatore, dovremo quindi darci da fare col riciclatore per ottenerle ed esplorare meticolosamente per trovare i preziosi progetti necessari alla costruzione.



Cosa va

La stazione Talos 1 è un capolavoro di level design.
Enorme, interamente esplorabile, e bellissima.
Ogni sezione è ben caratterizzata dalla sua funzione e potremo non solo esplorarla all’interno, ma anche dallo spazio, uscendo da un portello di una sezione per poi rientrare in un altro (dovrete prima però sbloccare i portelli dall’interno per sfruttare queste scorciatoie).
Era dai tempi di Rapture (Bioshock) che non vedevo una location così ispirata e viva; si può tranquillamente asserire che Talos 1 sia protagonista di Prey, esattamente quanto Morgan Yu.
Nel nostro girovagare al suo interno troveremo archivi e terminali che ci aiuteranno a capire cosa è successo davvero a bordo della stazione e fidatevi quando vi dico che la componente narrativa è fortissima; il numero di documenti, mail del personale e registrazioni audio è enorme e aiuta il giocatore nell’immedesimazione come pochi altri titoli di questa generazione.
Diversi sono i sopravvissuti che incontrerete e che chiederanno il vostro aiuto; potrete scegliere se aiutarli oppure no, perché in Prey nulla è obbligatorio e tutto può essere risolto in più di un modo grazie alle scelte morali che sarete chiamati a compiere e dal già citato ottimo level design che permette di raggiungere una location in più modi.



Cosa non va

Arrivati sino a qui vi chiederete se non siete davanti al gioco perfetto.
Purtroppo non è così.
Il sistema di controllo in Prey non è dei più precisi e ha un piccolo problema di input lag che lo affligge sin dal giorno dell’uscita, arrivati ora alla versione 1.06 del titolo qualche miglioramento è stato fatto, ma mirare è ancora un’esperienza erratica, vi capiterà spesso nelle fasi più concitate di sparare e mancare il bersaglio.
Se da un lato questo può aumentare le caratteristiche survival del titolo, di certo può risultare frustrante per gli amanti degli FPS in generale (i meno giovani si ricorderanno la mira scadente dei primi Resident Evil e il famoso “piede perno” durante i movimenti: tutte “features” volute per aumentare l’immersività).
Molto spesso preferirete allora cercare di evitare i Typhon piuttosto che combatterli a viso aperto, ma non sempre sarà possibile e quindi le fasi di fuoco restano comunque cruciali.
Un altro lato pesantemente negativo è il backtracking a cui sarete costretti, che in sé non sarebbe cosa affatto negativa se non per i caricamenti eterni fra una sezione e l’altra.
Sulle prime non percepirete il problema, perché affrontando una sezione per la prima volta avrete tanto da fare e al suo interno ci passerete parecchio tempo, ma da metà gioco in poi potreste dover attraversare tre o più sezioni già visitate solo per trovare un oggetto di una quest secondaria per poi tornare indietro. Non è raro trovarsi ad avere un giocato di 5 minuti a fronte di 10 di caricamento.
Nonostante l’ultimo aggiornamento qualche glitch affligge ancora il gioco, con sporadici blocchi o compenetrazioni infauste che fanno precipitare il personaggio al di sotto della mappa di gioco, costringendo al caricamento del salvataggio più recente.
La colonna sonora è funzionale al gioco ma niente più di questo, non ve ne ricorderete di certo.
Alcune texture non sono proprio le migliori mai viste e, graficamente parlando, i modelli poligonali, i volti dei personaggi e le loro espressioni non sono al livello di altre produzioni del 2017.
Le differenze fra la versione PS4 e PS4pro si fermano a un antiliasing più efficiente (16x), una migliore gestione di luci e ombre e allo screen-space reflections, cose che tutto sommato un occhio distratto potrebbe non notare, uno sforzo per portare il frame rate oltre i 30 sarebbe stato gradito.
Il doppiaggio italiano è anonimo, senza infamia e senza lode.
Le fasi a gravità zero fuori dalla stazione sono spesso frustranti a causa della mancanza di una mappa e quindi la buona idea di utilizzare i portelli come scorciatoia fra sezioni distanti cade presto nel vuoto, ci andrete di conseguenza solo quando il gioco vi obbligherà a farlo.
Le armi presenti sono davvero poche e, a parte il fucile a pompa, non restituiscono un grande feeling. Il Q-Beam, che dovrebbe essere “l’arma di fine di mondo”, spara un piccolo raggio verde davvero poco gratificante da vedere, seppur efficacissimo.
Una volta acquisito lo Psicoscopio, avrete la possibilità di aggiornalo per vedere i Mimic anche quando sono “mascherati” da oggetti. Inizialmente sarete entusiasti di non dover più girare per la stazione temendo d’essere preda di attacchi a sorpresa, ma la visione attraverso il visore è a dir poco disturbante: tutto assume una colorazione monocromatica sui toni del blu con righe traccianti in continuo movimento.
Sarà quindi un continuo attivare e disattivare la modalità visuale per evitare di perdere gli occhi sullo schermo.



Conclusioni

Tirando le somme si può dire che Prey è un gioco realizzato in maniera impeccabile per ciò che concerne il comparto narrativo e il level design. Sistema di crescita del personaggio e crafting sono appaganti e permettono al giocatore di affrontare il gioco come meglio crede arrivando a creare un ingegnere specializzato oppure un esper potentissimo.
Peccato per la realizzazione tecnica su Ps4 Pro, per il sistema di controllo durante le fasi di fuoco, e per alcune imperfezione nel gameplay.
Sarebbe potuto essere un capolavoro assoluto, perché di buone idee ce ne sono tante, ma purtroppo siamo di fronte solo ad un buon gioco che poteva essere molto di più.

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