sabato 4 luglio 2015

# Diario di viaggio # Guatemala

127.0.0.Atitlán, Guatemala - Giorno 7


Lago di Atitlán, Guatemala
16 Aprile 2007

Reduci dall'intensa giornata passata fra le piante di caffè e il pittoresco artigianato locale di Chichicastenango, ci siamo spostati sulle rive del meraviglioso lago di Atitlán; questo famoso lago è situato sugli altopiani del Guatemala ed è il più profondo dell’America centrale, arrivando a toccare i 340 metri. Lo specchio d’acqua è alla base di profondi calanchi e scarpate e, esattamente come Antigua, è circondato da tre vulcani spettacolari, le cui cime superano i 3000 metri: il San Pedro, il Tolimán e l’omonimo Atitlán

Fonte: Wikipedia

Sulle pendici e sulle rive sono sorti nei secoli piccoli villaggi e agglomerati urbani dove la cultura Maya è ancora prevalente e dove gli abitanti indossano tutt’oggi i costumi tradizionali, nonostante le diverse etnie. Il più grande di questi è Santiago Atitlán. Il lago si trova a circa 50 km da Chichicastenango (stessi km anche da Antigua) e per arrivarci serve un’oretta. Il suo nome significa “in acqua” ed è noto come uno dei laghi più belli del pianeta. Cosa che posso confermare senza alcun dubbio. 

Tutto attorno al lago vi sono immense distese di colture agricole come mais, cipolle, fagioli, zucche, pomodori, cetrioli, aglio, pepe verde, fragole, piantagioni di caffè e frutteti di avocado. Si tratta di un lago ricco non solo di flora, ma  anche di fauna e fornisce alle popolazioni che vi abitano, molto pescato. La zona tutto attorno è diventata un parco nazionale nel 1955 e vanta una particolarità; la presenza di un vento “strano”, che spira nella tarda mattinata e nel pomeriggio, chiamato Xocomil, 'il vento che porta il peccato'. Si dice che sia l'incontro di venti caldi provenienti dal Pacifico con quelli freddi provenienti da nord. Lo stesso vento, se ricordate il mio precedente post, che rende l'aroma del caffè guatemalteco unico nel mondo.


Ci siamo fermati sulle rive di questo magnifico lago, in una località turistica che prende il nome di Panajachel (siamo a circa 1500 metri sul livello del mare), un comune facente parte del Dipartimento di Sololá. Pare sia un’ottima base per la visita alle località limitrofe. Soggiorniamo presso l’Hotel Porta del Lago, la sistemazione forse più modesta dove abbiamo alloggiato fino ad ora, ma probabilmente quella con la vista migliore. La portafinestra della nostra camera da letto dà direttamente sull’acqua (piscina e lago) e sui vulcani alle sue spalle, regalandoci un’alba e un tramonto a dir poco mozzafiato. 

La vista dalla nostra stanza

Considerando che non esiste una strada che circondi per intero questo enorme bacino e che colleghi tutti i paesi fra loro, abbiamo dovuto raggiungere Santiago Atitlán in barca, mentre Santa Catarina Palopó e San Antonio Palopó siamo riusciti a visitarle via strada perché collegate direttamente a Panajachel. Nell’ottobre del 2005, quindi due anni fa, proprio qui, l’uragano Stan ha distrutto circa un centinaio di case a causa di un’enorme colata di fango che si è portata via tutto. In Guatemala le vittime sono state più di 1900, una vera catastrofe. 

Panajachel, comunque sempre festosa e multiculturale è una cittadina con piccole casette basse, mercati colorati lungo le strade, soprattutto nella principale Calle Santander, dove è possibile trovare moltissime belle cose a prezzi stracciati, tantissime Apecar rosse molto buffe che fungono da taxi per i turisti e hotel con splendidi giardini, come l’Hotel Atitlan Gardens, dal cui molo abbiamo preso una piccola barchetta a motore che ci ha portato a Santiago. 

L'Infinity Pool dell'hotel Gardens

Purtroppo, avendo poco tempo a disposizione e mille cose da vedere, non abbiamo potuto visitare il Santuario delle Farfalle, di cui ci hanno solo parlato; si tratta di un luogo dove vola libero un numero spropositato di farfalle appartenenti a specie diverse. Sarebbe stato molto bello. 

Come dicevo, dal molo dell’Hotel Garden, abbiamo preso una piccola barchetta a motore e siamo andati a visitare Santiago Atitlán, un pittoresco paesino pieno di gente, montagne di avocado, sole, cappelli di paglia, fontanelle, bambini e sorrisi. L’unica pecca è stata sentire la voce di Eros Ramazzotti sollevarsi da una bancarella, ma del resto, in Guatemala il popolo italico sembra ben visto e artisti come Ramazzotti o la Pausini, sono dei veri e propri idoli. La cittadina si trova nella baia fra due dei tre vulcani che circondano il lago; il San Pedro e il Tolimán, che per chi non lo sapesse è l’altro affascinante nome della costellazione Alpha Centauri. 


Qui la maggior parte dei residenti discende dal popolo Maya. Nel cuore del paese c’è una grande chiesa dedicata a San Giacomo Apostolo, che domina il lato opposto del Parc Central. Risale al 1572 ed è stata restaurata più volte a causa di svariati terremoti. Dietro l’altare vi sono pannelli che rappresentano i tre vulcani sovrastanti il lago e lungo le pareti della navata centrale grandi sculture di legno che rappresentano alcuni santi. Ogni statua è vestita con tuniche di vero tessuto, fatte a mano dalle donne del posto e cambiate ciclicamente ogni anno. 



I pannelli in legno dell'altare, divisi in alto nella simbologia cristiana e in basso nella rappresentazione della cultura preispanica, sostenuti simbolicamente dai "portatori del mondo" (una sorta di putti) raccontano la storia del paese, dalla sua nascita alla conquista spagnola, ma parlano anche della storia più recente e di quando la chiesa stessa offriva un riparo ai rifugiati e agli innocenti, fornendo un tetto, cibo e protezione. 


Rafael ci ha spiegato come è nata l'arte della tessitura, un'arte antichissima radicata lungo tutto il lago e di come i colori delle vesti distinguano le varie etnie guatemalteche. Nella piazza antistante la scalinata che porta all’ingresso della chiesa, abbiamo visto scolaresche fare l’ora di ginnastica, ridendo e giocando a palla. Grandi risate hanno riempito l’aria, miste al dolce profumo delle montagne (letteralmente!) di deliziosi avocado, ammucchiati un po' dappertutto nelle piazzatte del paese, fra una bancarella e l'altra di artigianato locale. 


Santiago mi è piaciuta particolarmente perché abbiamo avuto la fortuna di visitarla in un momento di evidente serenità e non dimenticherò mai quel faccino furbetto che ha accettato di posare per un mio scatto. E’ sfocatissima, lo so, avevo paura che il birbante mi scappasse di corsa, quindi ho scattato in tutta fretta, ma per me è un regalo prezioso e vale di più mille foto tecnicamente perfette. 

La stessa cosa posso affermarla per Santa Caterina e San Antonio Palopò. Gente sorridente, venditori che non pressano più di tanto i turisti, tempi rallentati, paesini ancora incontaminati, pochissima gente di fuori. A Santa Caterina ho avuto l'impressione che gli unici turisti fossimo noi. Le donne lavano ancora i vestiti nel lago, le case sono di fango e paglia e Dio solo sa come facciano a stare in piedi, l'artigianato, in particolar modo i tessuti, sono straordinari. Grandi telai in legno spuntano da molte case, e le lattine vuote di Cola o altre bibite gassate, vengono usate dalle donne per arrotolare in buffi gomitoli i fili di cotone colorati. 


La candida chiesetta arroccata in cima al paese, alla quale si arriva tramite una salita non troppo faticosa, è modesta, spoglia, un po' raffazzonata, ma meravigliosa nella sua posizione e nell'energia che emana. Dalle sue panche, guardando all'esterno, si vede solo la distesa d'acqua del lago e dal suo piccolissimo piazzale adornato da una grande croce si gode di una vista mozzafiato sui vulcani. Stare seduti lì, su quella panche, con la schiena rivolta all'altare, è una cosa che tocca, che ti entra dentro. Abituati alle auto, allo smog, alle corse, al cemento, al caos, alla folla, ai turisti, alle comodità e alla tecnologia, ritrovarsi in un posto come Santa Caterina Palopò, ferma il concetto del Tempo e lo congela in un istante meraviglioso, immobile, con le sue lancette ferme nel 1500. Non penso, con le mie parole, di riuscire a descrivere le sensazioni che ho provato e la bellezza che ha riempito i miei occhi. 


Rafael ci ha accompagnato a casa di una famiglia indigena che, molto probabilmente, tollera branchi di turisti curiosi in cambio di un piccolo compenso pattuito con l'agenzia di viaggio. Chiamarla casa è oggettivamente un eufemismo, però. E' una costruzione di sabbia e paglia, piena di polvere e terra. Il pavimento una strada sterrata, i muri scrostati, le ragnatele negli angoli, niente vetri alle finestre, una sorta di forno in mattoni e legna come cucina e preferisco non immaginare l'aspetto del bagno. 

Una donna molto, molto anziana, inginocchiata nel cortile della capanna, tesseva una bellissima stoffa colorata. Un'altra donna più giovane, forse la figlia, tesseva in casa, utilizzando un telaio molto più grande, a pedali. Un'altra donna ancora, chissà, forse sempre figlia dell'anzianissima signora, ci ha mostrato la particolare acconciatura che viene fatta alle donne esclusivamente a Santa Caterina, mentre una bambina, bellissima come tutte le bambine guatemalteche, probabilmente figlia sua, ci osservava senza capire una parola, con un'espressione divisa fra il divertito e il curioso. Come fossimo strani e affascinanti animali. 

Mi sono fatta acconciare con il loro particolarissimo nastro colorato lungo un paio di metri, pagando qualche Quetzal alla simpatica signora e dopo, in separata sede, col cuore strizzato nel petto, ho fatto una domanda a Rafael.

"Queste persone così povere... beh... non soffrono alla vista di tutti questi turisti con scarpe firmate e costose macchine fotografiche al collo? Io, sinceramente, mi sento in colpa a stare qua, in casa loro, a fotografarli come fossero solo attrazioni."

La risposta di Rafael, così piena d'orgoglio per la sua terra e per il suo popolo fiero, mi ha stupito e commosso profondamente. Non dimenticherò mai le sue parole.

"Questa gente non è povera. Certo, non ha macchine fotografiche costose o scarpe firmate, ma in Guatemala il cibo non manca mai. La pancia è sempre piena, nessuno qui muore di fame. Noi siamo ricchi." 

Rafael ha ragione. La vera ricchezza è un'altra cosa ed è un vero peccato che siano così pochi a comprendelo. Il Guatemala è una terra meravigliosa.



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