Bentrovati cari miei viaggiatori, lettori e videogiocatori. Oggi, per la gioia di quest'ultima categoria, ho il piacere di ospitare nel mio blog niente popò di meno che... mio marito Hyunkel76! Videogiocatore incallito da più di vent'anni, ottimo scrittore anche se dice sempre di no, e collaboratore dei miei vecchi blog, continua anche oggi a scrivere ogni tanto un pezzo per me e questa sera ho il piacere di presentarvi la sua bellissima recensione di Dragon Age Inquisition.
Andiamo a leggere cosa ci racconta della famosa saga Bioware. Pronti?
I giochi "seriali" (un po' come i killer) si possono dividere in 2 grandi categorie:
Quelli che rimangono fedeli a se stessi in ogni aspetto del gameplay, Assassin's Creed e Call of Duty tanto per fare un esempio, migliorando quasi esclusivamente l'aspetto grafico e quelli che cercano di rinnovarsi sempre, nel bene o nel male.
Un episodio qualsiasi di Assassin's Creed, se confrontato con il precedente, non sembra un'evoluzione ma bensì una riproposizione degli stessi contenuti. A ulteriore dimostrazione di ciò, basta notare che queste serie vengono rilasciate a cadenza praticamente annuale. Difficile fare un salto di qualità nel gameplay con così poco tempo a disposizione. Al grido di "squadra che vince non si cambia" questi titoli diventano una miniera d'oro, in quanto il numero di vendite resta pressoché inalterato (chi non ha apprezzato il primo, non ha certo comprato il secondo capitolo della saga) mentre il costo di sviluppo tende a diminuire.
In Final Fantasy, esponente della seconda categoria, il titolo e l'impronta da GDR nipponico sono le uniche costanti mantenute nei capitoli dell'intera produzione. Questo approccio coraggioso porta grandi successi così come grandi delusioni (tanto era meraviglioso il 7 tanto era orribile il 9).
Di questa categoria fa anche parte la serie di Dragon Age.
La saga inizia alla fine del 2009 con Dragon Age Origins.
Erede spirituale di Baldur's Gate per molti, di Neverwinter Nights per altri, il prodotto di Bioware fa il botto essendo un mix riuscitissimo di storia, gioco di ruolo e avventura come non se ne vedevano da tempo.
Analizzando Dragon Age Origins, con spirito critico, bisogna dire che la storia non grida al miracolo per originalità.
Seppure raccontata magistralmente, il tutto scorre in maniera fin troppo lineare. Le vere chicche nella trama sono tutte in plot apparentemente secondari e sono questi plot che portano avanti il vero filone della trama tra i vari episodi della serie.
Il punto forte del brand è il Lore, che rende l'ambientazione incredibilmente realistica e affascinante.
La storia del Thedas, il continente nel quale si ambientano le azioni di gioco, è minuziosamente raccontata in diversi testi che troveremo nel corso del gioco e onnipresente nei dialoghi con gli npc.
Il vero protagonista della serie è certamente il Thedas.
L'altra chicca che Dragon Age Origins ci offriva (da qui il sottotitolo ORIGINS) era quella di partire da 6 punti di vista differenti che rappresentano i diversi micro strati sociali (elfi, nani, ecc…) che compongono il popolo del Ferelden, la regione del Thedas in cui si svolge la storia.
Bellissima idea che però verrà abbandonata nei capitoli successivi, per evitare troppe ramificazioni che avrebbero reso la trama sempre più difficile da realizzare.
Non essendo però Dragon Age Origins l'obbiettivo dell'articolo, vi lascerò questo link, se vorrete approfondire e farvi un'idea di come sia stato accettato dalla critica nel 2009.
Poco più di un anno dopo, a marzo 2011 (tenete presente che nel 2010 uscì un corposa espansione di Dragon Age Origins chiamata Awakening, non ispirata quanto il gioco base, ma comunque godibile) esce Dragon Age 2.
Qui iniziano i guai.
Bioware, ormai dal 2007 acquisita da EA, deve sottostare alle regole che le multinazionali dell'intrattenimento videoludico impongono: se un titolo tira, l'hype generato deve essere sfruttato il più possibile per fare cassa.
Solo per capire: il primo episodio venne annunciato nel 2004 e solo nel tardo 2009 vide la luce.
Dragon Age 2 venne sviluppato in poco più di un anno.
Mentre la storia, evidentemente nella testa degli sviluppatori da anni ed anni, regge tranquillamente e personalmente la trovo più avvincente di quella del suo predecessore, il resto del gioco offre il fianco a diverse critiche.
Il protagonista è Hawke, un profugo umano in fuga dal Ferelden a seguito degli eventi avvenuti in Dragon Age Origins, del quale potete scegliere solo la classe (mago, guerriero o ladro) e il sesso. Questa scelta decreta chi dei 2 fratelli del protagonista sopravviverà agli eventi del prologo.
Se mentre nel primo Dragon Age Origins il poter essere elfo o nano, oltre che umano, dava profondità ai vari dialoghi che si avevano con gli npc (reagivano infatti diversamente in base alla tua razza) qui resta solo la differenza fra l'essere un mago oppure no.
La scelta ovviamente è stata dettata dalla necessità di uscire presto sul mercato.
Da segnalare che il gioco, nel suo substrato, prende a piene mani dal modello di Mass Effect.
La ricetta è: personaggio unico (Shepard) configurabile nell'aspetto e nella carriera, scelte morali di alto profilo effettuate durante i dialoghi con menù radiali. Tutte scelte per rendere il gioco più godibile su consoles (il fatto che Dragon Age Origins fosse più PC oriented fece storcere il naso a molti gamers su PS3 e XBOX360).
Fin qui non ci sarebbe nulla di male; il mondo dei videogiochi è pur sempre un business e cercare di allargare il parco vendite è giusto e doveroso. Uno sviluppo frettoloso purtroppo ha portato a degli errori concettuali.
Tentando di inseguire Mass Effect e il suo successo planetario, gli sviluppatori devono aver pensato che una deriva più action avrebbe pescato fra le fila dei giocatori meno avvezzi al GDR statistico incrementando così la platea di Dragon Age. L'unico risultato ottenuto è stata la rivolta dei fan che dai combattimenti studiati e ragionati di Dragon Age Origins si sono ritrovati a combattere in enormi risse piene di effetti speciali e nemici dall’IA approssimativa. Solo gli scontri con i rari Boss di fine capitolo, e l'unico drago presente nel gioco, sono vagamente ispirati.
Il lato peggiore, a mio giudizio, è la quasi totale mancanza di locations. Rispetto a Dragon Age Origins, la mappa di gioco è davvero esigua e affronterete molte quest sempre in luoghi dove ne avrete già concluse altre. Talvolta, per "ingannare" il giocatore, la mappa di una location viene "ribaltata" (nella quest A entro dall'ingresso, nella quest B dall'uscita). Ovviamente per creare gli ambienti necessari a supportare il numero di quest ci sarebbe voluto molto più tempo, ma EA ha avuto fretta.
Sfortunatamente molti utenti non credono più al prodotto per come è diventato e le sue 2 espansioni non vendono quanto il gioco base (del quale le vendite sono comunque buone perché l'hype derivato da Dragon Age Origins ha certamente avuto il suo peso) e questo è un peccato, perché una di queste espansioni è in realtà uno di quei plot secondari che farà da incipit per il suo seguito Dragon Age Inquisition.
Come sopra vi lascio il link per Dragon Age 2 dove potete vedere chiaramente il diverso impatto che questo titolo ha avuto sull'utenza a differenza del suo predecessore.
Arriviamo al nocciolo della questione.
Dragon Age Inquisition arriva a fine 2014, dopo uno sviluppo lungo e tanta voglia di riscatto.
Il pubblico dei puristi del GDR e i fan Bioware di vecchia data si dividono equamente fra entusiasti (fanboy senza spirito critico che mai oserebbero criticare mamma Bioware), disillusi ("Dopo Dragon Age 2 e il finale di Mass Effect 3 chissà che schifezza ci rifilano stavolta."), haters (“Esiste solo CDproject e Witcher è il miglior gioco mai creato al mondo.”, e su questo bisognerebbe fare un discorsino a parte sul fortunatissimo primo Witcher, che senza un'ambientazione e un personaggio creato da un grande scrittore, e non da CDProject, probabilmente sarebbe caduto nel dimenticatoio) e possibilisti (“Se a Bioware fai fare le cose con calma può darsi che…”).
Stavolta i possibilisti hanno avuto ragione, vediamo perchè:
Gli eventi di Dragon Age Inquisition partono dal Conclave, un importantissimo incontro che si svolge al tempio delle Sacre Ceneri presieduto dalla Santa Madre Justinia V, figura del tutto simile al Papa come ruolo, nel tentativo di riappacificare Templari e Maghi in guerra civile sin dalla caduta del circolo dei maghi di Kirkwall (finale di Dragon Age 2).
Una gigantesca esplosione però spazza via tutto il Conclave, lasciando un solo superstite... noi.
Una gigantesca esplosione però spazza via tutto il Conclave, lasciando un solo superstite... noi.
Il protagonista torna ad essere un personaggio dallo scarso background, quindi interamente plasmabile (razza, sesso e classe). Viene quindi abbandonata la deviazione, ispirata da Mass Effect, di un personaggio ben caratterizzato e poco personalizzabile. Così, come in Dragon Age Origins, la scelta della razza e della classe si rifletterà nel mondo di gioco con opzioni di dialogo e interazioni con gli npc profondamente differenti.
Resta invece inalterata la struttura radiale dei dialoghi, ormai marchio di fabbrica delle produzioni Bioware.
Sin dalle prime battute risulta chiaro che il lavoro visuale pensato da Bioware deve segnare il passo. I dialoghi con i vostri compagni sono cinematografici e non sono semplicemente un rimpallo di inquadrature fra le faccione dei conversatori. Sono delle vere e proprie riprese come potreste trovarle in un film di buon livello. Graficamente parlando, nessun GDR ha mai raggiunto una qualità simile, se non Skyrim dopo qualche centinaio di mod fatte dai fan.
La bellezza di certi scorci è mozzafiato e il copioso uso di effetti rendono terra, acqua, ghiaccio e fuoco letteralmente da oscar. La vastità degli ambienti fa impallidire tutti i precedenti capitoli e girare le Hinterlands, la prima grande zona che visiterete, occuperà una buona ventina di ore se giocata con la giusta calma. Non è ancora un vero open world come Skyrim ma ci siamo quasi, tant'è che non appena avrete un cavallo vi sentirete sollevati di non dover più fare i chilometri a piedi.
Sin dalle prime battute risulta chiaro che il lavoro visuale pensato da Bioware deve segnare il passo. I dialoghi con i vostri compagni sono cinematografici e non sono semplicemente un rimpallo di inquadrature fra le faccione dei conversatori. Sono delle vere e proprie riprese come potreste trovarle in un film di buon livello. Graficamente parlando, nessun GDR ha mai raggiunto una qualità simile, se non Skyrim dopo qualche centinaio di mod fatte dai fan.
La bellezza di certi scorci è mozzafiato e il copioso uso di effetti rendono terra, acqua, ghiaccio e fuoco letteralmente da oscar. La vastità degli ambienti fa impallidire tutti i precedenti capitoli e girare le Hinterlands, la prima grande zona che visiterete, occuperà una buona ventina di ore se giocata con la giusta calma. Non è ancora un vero open world come Skyrim ma ci siamo quasi, tant'è che non appena avrete un cavallo vi sentirete sollevati di non dover più fare i chilometri a piedi.
Il motore che muove il tutto è il Frostbite Engine 3 (per i curiosi è il motore di Battlefield 4), un cavallo di razza che talvolta si imbizzarrisce perché, ahimé, nacque per dei giochi FPS dove non sono presenti npc. Sovente capita quindi che i vostri compagni fatichino a seguirvi lungo sentieri tortuosi o a raggiungere determinati luoghi che gli avete indicato. Fortunatamente non accade spesso, ma è comunque fastidioso.
Il comparto sonoro è al solito livello Bioware con un doppiaggio inglese eccelso e ispirato.
Ma come si sarà evoluto il gameplay?
Partiamo dicendo che il combattimento come era stato visto nel primo capitolo della saga non è più nelle corde di Bioware. Fortunatamente, anche lo stile rissaiolo di Dragon Age 2 è stato abbandonato.
Siamo di fronte ad un GDR action dalle meccaniche piuttosto semplificate: se in Dragon Age Origins potevamo avere un personaggio con una barra delle abilità di 20 o più scelte, qui al massimo possiamo averne a disposizione 8 (le abilità ottenibili sono molte di più, ma in barra potremmo averne solo 8 per volta). Scelta dettata dal fatto che su un joypad è difficile gestire un numero troppo elevato di abilità senza mettere il gioco in pausa continuamente. Inevitabilmente gli scontri si semplificano ed i puristi del GDR potrebbero sbuffare, ma i passi in avanti rispetto a Dragon Age 2 sono evidenti. La modalità tattica dove mettere in pausa il combattimento per poi dare ordini ai singoli membri del party c'è e funziona, anche se a mio avviso sarebbe opportuno patchare la telecamera per permettere uno zoom più ampio.
I combattimenti con le creature che popolano il Thedas sono piuttosto avvincenti e in molti casi vanno affrontati con pianificazione (sopratutto a livelli di difficoltà più elevati), questo perché a differenza degli altri titoli, in Dragon Age Inquisition le pozioni sono in numero limitato (partirete con 8 pozioni condivise con tutto il party) e dovrete tornare a un accampamento o trovare una scatola dei rifornimenti per ripristinare le vostre scorte. A dare manforte a questa meccanica è stata eliminata la possibilità di curarsi magicamente, infatti, al contrario di Dragon Age Origins e Dragon Age 2 non esistono più incantesimi di guarigione. Affrontare quindi un nemico di livello troppo alto, e sopratutto all'inizio del gioco può capitare spesso, si risolverà certamente in una sconfitta.
I combattimenti con le creature che popolano il Thedas sono piuttosto avvincenti e in molti casi vanno affrontati con pianificazione (sopratutto a livelli di difficoltà più elevati), questo perché a differenza degli altri titoli, in Dragon Age Inquisition le pozioni sono in numero limitato (partirete con 8 pozioni condivise con tutto il party) e dovrete tornare a un accampamento o trovare una scatola dei rifornimenti per ripristinare le vostre scorte. A dare manforte a questa meccanica è stata eliminata la possibilità di curarsi magicamente, infatti, al contrario di Dragon Age Origins e Dragon Age 2 non esistono più incantesimi di guarigione. Affrontare quindi un nemico di livello troppo alto, e sopratutto all'inizio del gioco può capitare spesso, si risolverà certamente in una sconfitta.
Lo svolgimento del gioco passa attraverso 9 main quests, circa 200 side quests, le quest dei vostri compagni, più altre attività che si svolgono solo al Tavolo da Guerra.
Se vi perderete nelle side quests per sviscerare ogni anfratto del gioco ci starete sopra per anche 180 ore. Occhio però che il gioco non adatta il livello di difficoltà al livello del vostro personaggio.
Ci sono aree che, se visitate prematuramente, riservano solo delle mazzate nelle gengive!
D'altro canto, grazie alle side quest e all'esplorazione, sarete super livellati e le main quest potrebbero risultare troppo semplici. Per cercare di godere appieno delle battaglie campali vi suggerisco di completarle al livello adeguato (al tavolo da guerra, nelle main quest, è segnalato il livello consigliato per affrontarle).
In quanto Inquisitore (è questo il titolo che avrete) sarete al comando di un'organizzazione che vive e cresce secondo il vostro volere. Sarete chiamati ad effettuare diverse scelte morali e militari, nonché a decidere della sorte dei vostri antagonisti in veri e propri processi sommari dove potrete essere accusa, giudice e se lo vorrete persino carnefice.
Ogni azione porta a conseguenze, e i vostri consiglieri non si faranno sfuggire l'occasione di dire la loro mostrando disappunto o apprezzamento.
I vostri compagni sono tutti personaggi perfettamente caratterizzati ed è un piacere dialogare con loro.
Come sempre è previsto che si possano instaurare delle relazioni amorose, ma alcune sono precluse dalla scelta della razza e del sesso del vostro personaggio. Dorian ad esempio è esclusivamente gay e non accetterà come partner una donna.
Il vero punto forte del gioco, come sempre nella saga, non è il plot principale piuttosto banalotto del tipo:
Cattivo fa esplodere montagna con sopra buoni, buoni incazzati perché cattivo fatto esplodere montagna, buoni cercano cattivo per fare lui *#ç@.
Il punto forte è al solito il Thedas, il cosa sia successo realmente secoli prima, che fine hanno fatto gli dei elfici (ammesso che siano esistiti), chi manovra davvero gli eventi del mondo, chi o cosa sia in realtà Flemeth, cosa sia la Città Nera, se esiste davvero il Creatore, il ruolo dei DarkSpawn, ecc...
Alla fine di ogni capitolo ci viene rivelato un piccolo colpo di scena (talvolta enorme, a dire la verità), un tassello del mosaico del mondo, ben lungi dall'essere completato.
Il tutto sapientemente raccontato dagli sceneggiatori Bioware che, seppur non sempre siano in grado di creare il gameplay definitvo, sono senza dubbio una spanna sopra ad altri scrittori fantasy che la critica osanna.
Se il mondo di Dragon Age fosse una serie TV, sarebbe senza dubbio lo Star Trek del fantasy.
Se il mondo di Dragon Age fosse una serie TV, sarebbe senza dubbio lo Star Trek del fantasy.
Purtroppo però i difetti non mancano, e come potrebbero?
I bug nella prima versione erano una moltitudine, per fortuna esiste già una prima patch che ne risolve parecchi. A livello tecnico il gioco è piuttosto esoso e, sopratutto nelle cutscene, il framerate soffre. Gli scontri con i draghi sono belli, ma anche troppo lunghi, tanto che un giocatore non troppo paziente potrebbe evitarli, non essendo obbligatori. E' un peccato dato che, come in tutti i Dragon Age, sono gli scontri più impegnativi del gioco. Le classi, a mio giudizio, non sono particolarmente bilanciate: il mago knight-enchanter può affrontare un drago da solo al contrario di un guerriero con arma a due mani, ma anche a questo si potrebbe rimediare con una patch futura bilanciando meglio le classi.
Il difetto più grave è l'enormità di compitini insulsi che il gioco ci propone.
Raccogli tot di quello e portalo a tizio, ecc... insomma, un massa di questine sullo stile dei MMORPG che servono perlopiù da riempitivo durante i nostri viaggi. La cosa triste è che se le tagliassimo coi forbicioni, eliminando così un 100 ore di gioco, tutto funzionerebbe comunque! Resterebbero un'ottantina di ore come in Dragon Age Origins, ma tutte godibili e accattivanti. Certo, è vero che la maggior parte degli oggetti si trovano completando raccolte di collezionabili e risolvendo gli enigmi degli Astrarium, ma siamo di fronte a un gioco abbastanza permissivo a livello normale. Non viene dato sufficiente impulso al completamento di ogni raccolta; si è consapevoli che il gioco non lo richiede per essere completato.
Il Cattivo... è un coglione ^^’ e senza fare troppo spoiler… ogni volta che appare fa la figura del fesso... sistematicamente.
I primi due capitoli della saga avevano cattivi di ben altro spessore.
Fortunatamente alla fine scoprirete che... no, questo non velo dico proprio : )
Il tavolo da guerra, dal quale potete mandare in missione i vostri compari per tutto il Thedas, è un'aggiunta simpatica (non prenderete mai parte a queste missioni, sono per lo più tutti incarichi politici o di spionaggio) ma lascia il tempo che trova.
Le cavalcature sono tutte belle e tutte uguali nella funzione, trovato il primo cavallo non sentirete la necessità di trovarne altri, peccato ce ne siano una valanga.
Il crafting è bellissimo e variegato, permette di creare gli oggetti più potenti del gioco con i giusti accorgimenti, ma è nebuloso e davvero scomodo da utilizzare.
A differenza dei suoi predecessori, non potete cliccare su un oggetto e vedere il vostro personaggio dirigersi verso il punto indicato per interagirci. Potete farlo solo in modalità tattica, che è comodissima durante i combattimenti, ma scomodissima in modalità esplorativa; altra modifica fatta per migliorare il gameplay degli utenti consoles, ma non si capisce perché su PC non potesse rimanere la solita vecchia interfaccia.
Bioware ha comunque annunciato una seconda patch a breve, che dovrebbe migliorare il gameplay su PC.
Per ultimo, una menzione di disonore va fatta agli abiti "civili" indossati al quartier generale... l'Inquisitore sembra in camicia da notte -.-
Tirando le somme, dal punto di visto narrativo ed emotivo Dragon Age Inquisition è senza dubbio uno dei titoli che più mi ha colpito in questi anni.
Tirando le somme, dal punto di visto narrativo ed emotivo Dragon Age Inquisition è senza dubbio uno dei titoli che più mi ha colpito in questi anni.
Va giocato per la storia, per i suoi personaggi, per i suoi paesaggi, per i suoi misteri.
Ciò che Bioware vuole raccontare non è la storia infantile di un super eroe, come Shepard, che da solo salva il mondo armato del suo carisma e delle sue abilità.
E’ un romanzo corale, dove tanti eroi piccoli crescono facendo da esempio al popolo che troverà in loro la speranza di costruire un mondo migliore di quello che in fondo stavano distruggendo invece di proteggere.
Un romanzo dove il “cattivo” è chi non ti aspetti.
E’ anche uno spaccato di una società bigotta troppo presa a categorizzare il diverso e confinarlo, piuttosto che concentrarsi sui veri pericoli che sono lì, in piena vista.
Un mondo che per essere salvato ha bisogno del Custode di Dragon Age Origins, di Hawke, dell’Inquisitore… e chissà di quanti altri ancora.
Un romanzo dove il “cattivo” è chi non ti aspetti.
E’ anche uno spaccato di una società bigotta troppo presa a categorizzare il diverso e confinarlo, piuttosto che concentrarsi sui veri pericoli che sono lì, in piena vista.
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